Il lavoro sinergico di tutte le istituzioni per creare iniziative di prevenzione precoce, che sappiano rispondere al disagio minorile intervenendo sul contesto e sui fattori di rischio.
È stato questo il tema cardine dell’incontro «Un’altra idea di sicurezza. Giovani, scuola e prevenzione», organizzato da Traguardi all’Officina Culturale Machiavelli. L’evento, focalizzato sul tema del disagio giovanile e sulle risorse da mettere in campo per promuovere il benessere sociale e psicologico degli adolescenti, ha visto la partecipazione della criminologa Barbara Vettori, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dello psichiatra psicoterapeuta Giuseppe Battaglia, già responsabile del reparto Adolescenti di Santa Giuliana, e del pedagogista Gianni Zampieri, dirigente della Scuola Edile di Verona.
Solleticati dalle domande di Beatrice Rappo, candidata di Traguardi per il Consiglio comunale, i tre esperti hanno analizzato le diverse prospettive di questo tema tanto complesso quanto vitale per la Verona del presente e del futuro. Infatti le cronache, e dunque anche il dibattito pubblico ci restituiscono spesso notizie riguardanti casi di devianza, tentativi di suicidio a scuola, atti di autolesionismo, fenomeni di abbandono scolastico. Si tratta di episodi che coinvolgono una ristretta minoranza di ragazze e ragazzi, tuttavia le conseguenze sono pesanti per le vittime, per gli autori stessi e per la società nel suo insieme, perciò gli sforzi per capire e arginare il fenomeno devono essere pienamente giustificati, sebbene spesso si preferisca agire in maniera securitaria e repressiva.
Una scommessa è la prevenzione precoce, ha esordito Barbara Vettori. «Studi sull’evoluzione dell’aggressività hanno dimostrato che ogni dollaro investito nella prevenzione durante la prima infanzia ne fa risparmiare 17 in servizi sociali, sanitari e giuridici. Questo perché i bambini con elevata aggressività sviluppano con maggiore probabilità dei comportamenti antisociali in adolescenza, ma con la prevenzione precoce è possibile intervenire nella prima infanzia sia sui fattori di rischio individuali, come il temperamento, sia su quelli sociali, ambientali e famigliari».
Per Giuseppe Battaglia «questo approccio non deve riguardare soltanto i singoli, ma anche il contesto. Il mio lavoro», ha detto, «mi porta a contatto con diversi adolescenti e rispetto ai loro bisogni, quel che manca è una rete all’interno della quale non sentirsi lasciati soli. Che i ragazzi vadano messi al centro è fuor di dubbio, ma lo stesso occorre fare con le famiglie e, perché no, anche con gli operatori che di loro si occupano».
«In questo senso la scuola può essere una grande risorsa, ma non dev’essere l’unica», ha sottolineato Gianni Zampieri. «Serve porsi il problema complessivo del modello educativo che la società intera sta proponendo. Questo modello educativo dovrebbe basarsi sulla riscoperta della funzione dell’adulto decisore, che non può dare soltanto risposte qui e ora, perché queste non portano cambiamenti di fondo».
Il dibattito è stato introdotto da Pietro Trincanato, presidente di Traguardi, che ha posto l’accento sull’approccio «profondamente sbagliato che le istituzioni locali hanno mantenuto finora rispetto ai temi della sicurezza, specialmente quando questi sono legati ai minori. Non crediamo nel metodo lassista a tutti i costi, ma nella necessità di interrogarsi sui bisogni di questa fetta di popolazione tragicamente trascurata dalla politica, salvo quando c’è un problema».
Una visione condivisa dal candidato sindaco Damiano Tommasi, intervenuto in chiusura dei lavori «Andare alla causa del disagio è un metodo di lavoro. Immagino un modello amministrativo in cui i ragazzi sono chiamati a essere protagonisti della loro città, credo che avrebbe un effetto di prevenzione molto forte».