La morte dell’ex gialloblù Enzo Scaini: un libro ne svela i retroscena

 
 

Il calciatore Enzo Scaini muore a 27 anni nel gennaio del 1983 a seguito di un banale intervento ai legamenti del ginocchio. Una morte rimasta misteriosa e inspiegata. Oggi il libro-inchiesta di Giampiero De Andreis ed Emanuele Gatto, dal titolo “Non ero Paolo Rossi” (Edizioni Eraclea), getta una nuova luce su quello che appare un caso di malasanità e di malagiustizia.

C’è anche il Verona tra le diverse squadre in cui ha militato Scaini (Monza, Campobasso, Perugia e Vicenza le altre piazze più importanti), un mediano dal fisico possente e dal gol facile. Nel 1980-81, l’Hellas di Giancarlo Cadè è fra le favorite del campionato di Serie B, per quanto il torneo cadetto annoveri squadre del calibro di Milan e Lazio, appena retrocesse per il calcioscommesse. il Verona, però, a dispetto dei propositi del presidente Celestino Guidotti, ha un’annata molto deludente, scampando solo all’ultima giornata la retrocessione in Serie C. Tra le poche note positive di quella stagione, tuttavia, c’è proprio Scaio, come era chiamato Scaini da tifosi e compagni, che con i suoi cinque gol è capocannoniere della squadra, pur giocando da centrocampista. “A Verona avevamo un campo che quando pioveva diventava pesantissimo”, racconta l’allora capitano Roberto Tricella in un passaggio del libro. “Io col mio fisico facevo una fatica immensa, lui invece era un caterpillar, arava il terreno con una facilità impressionante. Non so quante volte quell’anno Scaini ci risolse problemi”.

Ma due anni dopo il caterpillar, passato nel frattempo al Lanerossi Vicenza, si ferma durante la partita contro il Trento. Il legamento crociato del ginocchio cede, si decide per l’operazione alla clinica Villa Bianca di Roma, la più rinomata dell’epoca per gli interventi ortopedici. Un’operazione da cui non si risveglierà più.

Nel libro, la vicenda si sviluppa come un giallo, con al centro l’andamento dell’inchiesta giudiziaria, mentre parallelamente scorrono la vita e la carriera di Enzo Scaini, che offrono lo spaccato di un’epoca. “Il calcio italiano a cavallo degli anni ’70-80 vive un momento di profondo cambiamento”, racconta Giampiero De Andreis, giornalista specializzato in politica estera, che non dimentica la sua passione per il calcio e i suoi esordi da giornalista sportivo. “Accadono fatti che modificano radicalmente i connotati del nostro campionato: nel 1980 riaprono le frontiere e arrivano gli stranieri; sempre nel 1980 c’è il primo grande scandalo del calcioscommesse; nel 1981, poi, il Parlamento approva una legge che entrerà in vigore solo nel 1986, ma che rivoluzionerà i rapporti fra le società e i calciatori: la norma abolisce il vincolo sportivo, che consentiva alle società di mantenere la proprietà del giocatore anche alla fine del contratto e di deciderne il destino calcistico”. “Un caso emblematico riguardò proprio Scaini”, aggiunge Emanuele Gatto, giornalista e radiocronista di Bellla&Monella: “Nell’estate del 1982, il tecnico Gustavo Giagnoni voleva portarlo a Cagliari in Serie A, ma il Perugia trovò più conveniente l’offerta del Lanerossi Vicenza, che offrì 220 milioni di lire, e il calciatore dovette accettare il trasferimento in Serie C. È proprio l’abolizione del vincolo sportivo a portare alla nascita della figura del procuratore, che tratta con le società per conto dei calciatori”. “Infine – riprende De Andreis – l’inattesa vittoria dell’Italia ai mondiali del 1982 attira i fuoriclasse del panorama mondiale nel nostro Paese, con l’effetto di quintuplicare la media degli ingaggi. Il calcio che raccontiamo in larga misura precede questi avvenimenti. È un calcio povero, provinciale, in cui i calciatori se non erano fuoriclasse guadagnavano davvero poche lire. Un calcio senza sponsor, senza diritti televisivi, che si conosceva soprattutto attraverso le radioline e le figurine Panini”.

Negli ultimi giorni sono emersi nuovi elementi sulla recente scomparsa del capitano della Fiorentina Davide Astori. Avete riscontrato delle analogie tra questo caso e quello di Scaini? “Fermo restando che spetta ai periti valutare le cause del decesso di Astori”, risponde Gatto, “abbiamo letto che il giocatore potrebbe aver avuto un’anomalia cardiaca, una forma accentuata di bradicardia. Come abbiamo documentato nel libro, questa ipotesi fu avanzata anche nel caso di Enzo Scaini, che in effetti, come molti atleti, era bradicardico, aveva cioè un lento battito cardiaco”.

Perché avete scelto questo titolo? “Perché per descrivere il silenzio calato sulla vicenda – spiega Gatto – il presidente del sindacato dei calciatori Sergio Campana una volta disse che ‘purtroppo Scaini non era Paolo Rossi’, sottintendendo che se si fosse trattato di un giocatore da prima pagina, forse ci sarebbe stata più attenzione da parte di tutti. Ci è sembrato un titolo molto appropriato per raccontare la storia di un giocatore dimenticato”.

Quando è nata l’idea di scrivere un libro sulla vicenda di Enzo Scaini? “Nel 2012, Rossella, la moglie di Scaini, in occasione della morte di un altro calciatore, il povero Piermario Morosini, pubblicò un post di solidarietà su Facebook che lasciava trasparire tutta la sua amarezza per come era stata gestita la vicenda del marito. Così abbiamo deciso di contattarla e sia dai suoi racconti che dai documenti ancora in suo possesso ci è subito parso chiaro che l’indagine della magistratura presentava parecchie carenze. Una volta recuperati gli atti del processo, abbiamo analizzato tutte le testimonianze, le abbiamo messe a confronto, incrociandole per verificarne la solidità, cosa che la magistratura sembrava aver trascurato. Sono emerse numerose incongruenze, che ci hanno spinto ad avventurarci in una vera e propria inchiesta giornalistica, la quale ha poi finito per scoperchiare tanti altri fatti che non tornavano”.

“Volevamo andare il più lontano possibile con la nostra indagine – confessa Giampiero De Andreis – ma onestamente non contavamo di arrivare a risolvere il giallo, a scoprire le cause del decesso. Alla fine, invece, dopo un lungo lavoro, tutti i tasselli sono andati al loro posto, al punto da poter fornire una spiegazione assolutamente attendibile della misteriosa morte di Scaini”.

Scaini e Verona?

“Come abbiamo detto, fu una stagione pessima per l’Hellas ma ottima per Scaio”, conclude Emanuele Gatto, “al punto che capitan Tricella, il giorno della conquista dello storico scudetto del 1985, gli dedicò la vittoria”. “Mi sembrò un atto doveroso”, ha raccontato Tricella in una testimonianza raccolta nel libro. “Mentre i festeggiamenti impazzavano, il mio pensiero da capitano andò a coloro che avevano giocato con noi fino a pochi anni prima, contribuendo a creare il Verona 1984-85. Scaini era stato il nostro capocannoniere e il miglior giocatore della stagione ‘80-81. Ci consentì di rimanere in B, ponendo le basi per il Verona che l’anno dopo fu promosso e successivamente diventò campione d’Italia. In quello scudetto, insomma, c’era anche Enzo”.

 
 

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