Il Ministero relega la Fondazione Arena all’ultimo posto per qualità degli spettacoli

 
 

Il contributo F.U.S. del MIBACT relativo alle attività del 2018 delle Fondazioni lirico-sinfoniche ha ridotto ulteriormente (-299.632€) la quota totale destinata alla Fondazione Arena.

Due sono le componenti che hanno subito la contrazione per l’erogazione del contributo: il 50%, calcolato con punteggio sul numero di alzate di sipario, che ha segnato un -369.425€ e il 25%, attribuito alla qualità degli spettacoli, con un -213.734€, conseguenza del fatto che il Ministero ha valutato artisticamente la Fondazione Arena all’ultimo posto in Italia con 25 punti di valutazione artistica, superata anche dal Teatro Petruzzelli di Bari che ne ha 33 e ben lungi dal vicino Teatro Comunale di Bologna (45), per non dire dal Teatro La Fenice di Venezia (142).

Prima annata targata Sboarina peggiore dell’ultimo anno di commissariamento, che pur in assenza di Consiglio di Indirizzo e delle risorse economiche apportate dai soci e dagli sponsor poi successivamente intervenuti nel 2018, godeva di un punteggio artistico-qualitativo più alto (30). E prima della fase commissariale, nel 2015, Fondazione Arena aveva ottenuto 49 punti di valutazione artistica, validi per 2.826.176€ (a fronte dei 1.134.037€ attuali) collocandosi al quinto posto in Italia e superando la vicina Venezia di ben 17 punti.

“Abbiamo appreso questi dati con sgomento – fanno sapere le sigle sindacali Slc–Cgil, Uilcom-Uil, Fials-Cisal assieme agli RSU -, ma non con stupore perché da mesi segnaliamo al tavolo sindacale – giungendo poi ad indire anche una conferenza stampa nella primavera scorsa sullo stesso argomento e con gli stessi toni allarmati – che la programmazione artistica di Fondazione Arena, soprattutto per quella invernale al Filarmonico, era ed è tuttora evidentemente deficitaria sia rispetto al numero di alzate di sipario e al numero di titoli sia riguardo i contenuti prettamente artistici, ovvero alle scelte di titoli, direttori, registi e cast.

Abbiamo presagito la riduzione del Fus che ora si è avverata, eppure nessuna soddisfazione ovviamente si può trarre quando una conseguenza del genere ricade sui lavoratori.

Nel 2018 abbiamo assistito, sempre al Filarmonico, ovviamente impotenti, ad annullamenti di interi concerti, a cambiamenti di programma, a cancellazioni di solisti di grande fama e di firme registiche. Ipotizziamo ora che proprio il forte discostamento della programmazione recepita dal Ministero a consuntivo da quella inviata a preventivo, oltretutto nella direzione della cancellazione di attività, costituisca uno dei motivi della attuale penalizzazione del punteggio qualitativo.

Abbiamo segnalato a Fondazione, su mandato degli stessi lavoratori, che le compagini artistiche sono ben lungi dall’essere impiegate in maniera ottimale sotto il profilo quantitativo e che ancora moltissimo si deve fare per implementarne ed ottimizzarne la produttività.

Abbiamo criticato scelte di maggior costo che non apportano punteggio FUS, come ad esempio quella di  utilizzare gruppi autonomi per la stagione per le scuole di Arena Young.

Da ultimo in questi giorni la bassissima affluenza ai concorsi per posti stabili nei complessi artistici non può che essere letta come ulteriore prova del calo di prestigio artistico della Fondazione.

Non si può tacere a questo punto la nostra ancor più forte preoccupazione sul futuro: la programmazione del Teatro Filarmonico attualmente in vendita arriva solamente fino a dicembre 2019, nulla si sa del 2020, non è stato comunicato alcunché agli abbonati, al pubblico, al sindacato. Ci chiediamo quindi cosa è stato inoltrato al Ministero riguardo alla programmazione artistica del 2020, paventando di trovarci ancora fortemente penalizzati dai prossimi riparti Fus per il perdurare di questa modalità di programmazione inaffidabile, sempre soggetta a mutamenti in corsa e a breve respiro. E soprattutto ci chiediamo perché – o meglio con quali inaccettabili giustificazioni – non si possa ora programmare con anticipo, in maniera affidabile e con contenuti artistici di livello.

Non è per questo che i lavoratori hanno fatto tutti i ben noti sacrifici per il risanamento.

Non per sentir ripetere la parola “rilancio” in ogni sede, quando poi la realtà quotidiana è ben diversa.

Non bastano le operazioni a spot nella logica del grande evento (tutte afferenti al Festival estivo, in ogni caso): il valore artistico della programmazione di una istituzione culturale sta nella continuità di livello in ogni sua produzione, perché ciò costituisce il fondamento del servizio di trasmissione culturale che offre al pubblico, alla comunità e al territorio.

Non ci si nasconda più dietro alibi immaginari: altre Fondazioni, pur appena uscite da duri piani di risanamento ex L. Bray, hanno conseguito importanti risultati nell’assegnazione delle quote Fus (basti come esempio il Teatro “G. Verdi” di Trieste che ha segnato in questo riparto +843.445€ e nel precedente +770.000).

Occorre solo saper programmare, saper ottimizzare le risorse interne della Fondazione anche aumentandone la produttività, saper fare scelte artistiche vincenti”.

 
 

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