Joe Oppedisano, ovvero sperimentazione, estro, tecnica: le sue peculiarità come fotografo si ritrovano nella nuova mostra, “Private Portraits”, che si inaugura il prossimo sabato 28 maggio alle 18 in palazzo Carlotti, galleria Fiaf (via Rudinì Carlotti), a Garda, per proseguire fino al 23 giugno, con apertura dal mercoledì alla domenica (ore 16-19) ed ingresso libero.
Joe è una figura di spicco nel panorama internazionale: è nato a Gioiosa Ionica nel 1954 e si è trasferito con la famiglia a New York a sette anni; ha cominciato a fotografare fin da piccolo e non ha più smesso, sviluppando la sua identità artistica in anni di esperienze, a partire dal 1979, allorché l’Internazional Center of Photography di N.Y. lo invita a partecipare ad una grande manifestazione a Venezia. Pochi anni dopo la nostalgia per l’Europa lo vince e inizia una brillante carriera a Milano, firmando campagne pubblicitarie per Adidas, Kodak, Fiat, Panasonic, Olivetti ed altri importanti brand.
Parallelamente, Joe esplora con grande e felice libertà il vastissimo territorio della fotografia per cimentarsi in una mission impossible, fare del cinema all’interno di un’immagine statica, coniugando la fantasia del natale Sud mediterraneo col pragmatismo dell’Occidente americano. Il curriculum artistico, aperto da una mostra all’Atlantic Savings Bank di N.Y. nel 1978, conta una cinquantina di personali – New York, Milano, Torino, Arles, Parigi, Tokyo, Svizzera – ed una settantina di collettive in Italia, Stati Uniti, Germania, Spagna, Gran Bretagna, fino alla Biennale di Venezia, invitato nel 1995 dal museo Alinari di Firenze a partecipare alla mostra “Un secolo di ritratti in Italia 1895-1995”. Nel 2005 partecipa alla collettiva “60 Maestri Fotografi” al museo Peggy Guggenheim di Venezia. Negli anni recenti ha tenuto corsi di specializzazione all’Accademia di Belle Arti di Brera, all’ISIA di Urbino, all’Accademia Ligustica di Genova.
“Per formazione e cultura – commenta Renzo Margonari – si potrebbe inquadrare Joe come un tipico rappresentante del nostro tempo estetico. E’ il fotografo più aperto alla sperimentazione che io conosca, totalmente disinibito ma intransigente rispetto alla qualità espressiva dell’immagine ideata, ai doveri formali, ma non tralascia alcuna delle precedenti esperienze che demarcano i tempi del proprio personale progresso fotografico: talvolta utilizza perfino lo spin off – tecnica più difficile poiché primitiva, elementare, che esclude la fotocamera – e contemporaneamente passa a complesse sperimentazioni digitali, e ancora combina tra loro varie tecniche, oppure elabora immagini con tecniche dirette, le seziona, le rimonta“.
In copertina: Ron Feldman, gallerista – New York, 2017