“Poteva andare peggio, ma speravamo di essere nuovamente graziati, come già accaduto in passato. Questi dazi sono comunque una batosta, di cui tutti, americani compresi, pagheremo le conseguenze”.
Christian Marchesini, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Verona, oltre che regionale e nazionale, non usa giri di parole dopo l’annuncio ufficiale di Donald Trump riguardante i nuovi dazi sulle merci europee importate negli Stati Uniti. La preoccupazione nelle cantine veronesi è forte: gli Usa, con quasi 600 milioni di euro, rappresentano il 20% dei 2,8 miliardi di export vinicolo 2023 regionale (dati di Veneto Agricoltura).
“Per Valpolicella e Amarone gli Stati Uniti sono il primo mercato di esportazione fuori dall’Unione Europea e queste tariffe creeranno problemi sia a noi che agli americani sui vini entry level – sottolinea -. Tutte le limitazioni costituiscono sempre un danno per il mondo delle esportazioni e per i consumi. Di quale entità, al momento, non possiamo dirlo: dovremo attendere qualche settimana per capire più nel dettaglio quali saranno gli effetti sugli ordini”.
Unico possibile dato positivo, scongiurata la minaccia dei dazi del 200% sui vini, potrebbe essere il via libera agli ordini congelati nelle scorse settimane. “I feedback di alcuni importatori, ieri alle 23 italiane, sono stati positivi. Noi ci aspettiamo che nei prossimi giorni si sblocchino gli ordini che sono attualmente in stand by – confermaPiergiovanni Ferrarese, presidente nazionale della sezione vino dei Giovani di Confagricoltura -. Ci aspettavamo tutti di peggio, immaginando che il 2 aprile avrebbe segnato la fine dell’export italiano negli Stati Uniti. Per fortuna abbiamo perso uno zero per strada e il dazio del 20%, se spalmato in una trattativa tra cantine e importatori, potrebbe permettere, nel breve termine, di tornare a esportare i nostri vini in suolo americano. È anche vero che alcuni nostri competitor saranno avvantaggiati dalla tabella dazi di Trump: Australia, Argentina e Cile, con il 10%, avranno una spinta in più: molti dei loro vini sono piuttosto economici e già presenti sugli scaffali americani. Le piccole cantine del Sudafrica, invece, rischiano parecchio con la scure del 30%”.
Secondo Ferrarese è importante continuare una politica di fidelizzazione con gli importatori. “In questi anni le cantine veronesi hanno intessuto rapporti importanti che vanno cementati, per non perdere un Paese troppo importante per il vino italiano. Ci auguriamo, comunque, che queste misure nei prossimi anni vengano abrogate e, nel frattempo, ci aspettiamo da parte dell’Unione Europea delle contromisure che aiutino gli imprenditori, e non solo quelli del vino, a esportare i loro prodotti. Misure che potranno essere dirette, di aiuto alle cantine, ma anche indirette, come quelle dell’estate 1986 post Metanolo, volte alla valorizzazione e alla promozione del made in Italy nel mondo”.