Grido d’allarme da Arena, Presidente di Confcommercio

 
 

Crisi dei consumi, tassazione record, nuovi adempimenti a carico delle imprese e tagli ai fondi dei Comuni; Paolo Arena, Presidente di Confcommercio sbotta e lancia un grido di allarme:

“Come Confcommercio Verona, in rappresentanza di decine di migliaia di aziende veronesi, lanciamo un grido d’allarme e una richiesta di sostegno per le nostre imprese ma, prima ancora, per il nostro Paese.

Un’Italia che ha davanti un 2020 carico di incognite e rischia grosso: anche nell’operoso e laborioso Nord, anche a Verona, dove i tempi dell’isola felice rischiano di restare un ricordo.

Gli elementi di negatività, le misure anti-impresa, sono ormai tante, troppe. La misura è colma!

Nella legge di stabilità ci aspettavamo un segnale di supporto per le aziende ma così non è stato e, ad eccezione del blocco dell’aumento dell’Iva, fortemente richiesto e voluto da Confcommercio, nulla di buono è arrivato per il mondo dell’economia.

Siamo stanchi di dover sopportar oneri burocratici, di dover lasciare nelle casse dello Stato, socio occulto, il 63% dei ricavi; stanchi di dover fare i conti con una burocrazia che costa mediamente a ogni impresa oltre 12mila euro l’anno, circa 70 miliardi di euro l’anno a livello di Paese; stanchi di sopportare un deficit infrastrutturale che penalizza il sistema economico per almeno 50 miliardi di euro l’anno.

E per il prossimo anno appare minima l’oscillazione prevista per il calo del cuneo fiscale.

Numeri che non fanno onore a chi lavora, che vessano i datori di lavori ma anche i loro collaboratori. Si parla da tempo immemore di sforbiciare il cuneo fiscale in un Paese a crescita zero, alle prese con un preoccupante calo dei consumi e che vede i costi insopprimibili salire, al pari degli adempimenti burocratici. Ma le parole se ne vanno con il vento.

Non basta integrare il “bonus Renzi”, che sa troppo di campagna elettorale e poco di intervento efficace.

Oberati da adempimenti che non hanno pari a livello planetario, soffocati da una tassazione record, gli operatori del terziario devono ora fare i conti con un cambiamento epocale scattato il primo gennaio per negozi, pubblici esercizi e attività assimilate: l’obbligo dei corrispettivi telematici, ossia il passaggio dal “vecchio” scontrino fiscale al nuovo “scontrino elettronico”, con invio degli incassi giornalieri all’Agenzia delle Entrate.

L’onere economico per adeguare i registratori di cassa, con una spesa media che va dai 300 ai 700 euro a negozio, si è riversato sugli imprenditori; nei numerosi incontri informativi promossi da Confcommercio Verona sul territorio, ai quali hanno partecipato oltre un migliaio di imprenditori, abbiamo riscontrato soprattutto la delusione e la rabbia per questo ennesimo carico burocratico che per alcune imprese rischia di rappresentare la goccia che fa traboccare il vaso.

Alcune attività, anche nella nostra provincia, con la fine del 2019 hanno già chiuso!

All’orizzonte si profila un altro fardello: l’avvio, dal primo luglio, della lotteria degli scontrini, con il codice lotteria dei clienti di 16 cifre da digitare e poi trasferire telematicamente al portale lotteria.

Tempi, energie e denari sottratti all’attività imprenditoriale, senza una concreta strategia di sviluppo del Paese.

Dallo scontrino elettronico al Pos, dalla normativa Haccp alla legge sulla Privacy, passando dalle norme sulla sicurezza, negli ultimi anni si sono moltiplicati gli adempimenti a carico delle imprese del terziario impedendo loro di essere competitive.

La burocrazia italiana è pesante, complessa, poco utile!

Assolvere le pratiche burocratiche richieste in Italia è un impegno gravoso perché sottrae del tempo e limita innovazione e crescita, perché le pratiche burocratiche sono lunghe, complicate e ridondanti.

Il nostro Terziario, quindi, oltre alle difficoltà dettate dall’onda lunga della crisi economica, si trova costretto a barcamenarsi nel ginepraio delle pratiche burocratiche.

I nostri imprenditori, infatti, manifestano esasperazione per il peso della burocrazia, avendo assistito all’infittirsi e complicarsi della richiesta di documenti e pratiche: non solo il numero di informazioni è eccessivo e complesso, ma la stessa informazione è richiesta più volte.

Questo male italiano è da estirpare dalla mentalità della macchina pubblica che troppo spesso adotta le norme solo per formalità, senza entrare nella sostanza delle azioni per risolvere concretamente i problemi.

Inoltre, assistiamo con sgomento al proliferare della shadow economy, dagli alloggi vacanze agli home restaurant, nei confronti della quale si fa poco-nulla.

Vi è, a livello politico nazionale, una lettura distorta della piccola e media impresa. Si dimentica che essa è l’unica a creare occupazione e benessere, a garantire indotto, a non delocalizzare.

L’Impresa, con la “I” maiuscola non è, e non lo è mai stata, un nemico da sconfiggere ma un bene prezioso, un ingrediente irrinunciabile nella ricetta della crescita del benessere di un Paese!

Il turismo, voce sempre più significativa del Pil, continua a essere considerato “mucca da mungere” ed è talmente bistrattato da non avere ancora, nel 2020 un ministero dedicato: una politica miope e irresponsabile che non fa altro che favorire i competitor.

In un Paese normale il terziario di mercato sarebbe considerato volano della crescita: è infatti il settore che offre oggi le maggiori prospettive di occupazione e di auto-imprenditorialità.

Da noi non è così!

A peggiorare il quadro, è arrivata nei giorni scorsi la notizia della scure sulle casse di oltre 60 Comuni veronesi, solo per il comune di Verona si tratta di un taglio di 2,2 milioni del Fondo di solidarietà, mettendo così a rischio la tenuta dei servizi essenziali e delle iniziative di rivitalizzazione e rilancio dei Centri storici, in una fase storica nella quale le casse degli enti pubblici sono sempre più vuote.

È intollerabile, inaccettabile che vengano tolte risorse ai Comuni più virtuosi per finanziare quelli in disavanzo!

La logica costituzionale di pagare tasse per avere servizi è stata politicamente disattesa, usata come arma contro l’impresa.

Così non si uccidono solo le aziende ma le nostre Città, dal Nord locomotiva, dove gli scricchiolii si fanno sempre più insistenti, al Sud.

Per questo, pur essendo abituati a lavorare a testa bassa e a buttare il cuore oltre l’ostacolo, oggi siamo qui a ribadire che la misura è colma: chiediamo il sostegno di chi governa le leve decisionali e lanciamo una richiesta di aiuto. Un urlo alla politica. Prima che sia troppo tardi!

Devono essere attivate leve fiscali in un’ottica di sostegno dei consumi e quindi della domanda interna, degli investimenti, dedicando premialità ai settori economici emergenti, quelli in grado di restituire al territorio vivibilità e presidio sociale.

Non è più tollerabile che sulle piccole imprese il carico fiscale sia quasi doppio rispetto a quello che grava sui giganti tecnologici: un’ingiustizia che grida vendetta!

Non è più rinviabile la limatura di quel cuneo fiscale che toglie ossigeno all’occupazione, che rende poco appetibile il nostro Paese rispetto agli interessi di investitori stranieri, lasciando così solo sulle spalle dei nostri imprenditori l’immane sforzo di garantire da soli le soglie minime di benessere sociale.

La politica deve agire subito. Se con la manovra abbiamo evitato l’aumento dell’Iva, entro la fine dell’anno il governo dovrà trovare altri 20 miliardi per scongiurarne l’aumento anche per il 2021″.

 
 

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