Il 16 settembre 2025 la Giunta comunale, con la delibera n. 926, ha formalizzato l’accordo che porta Verona a diventare una delle tre sedi del Centro per la Giustizia Riparativa nel distretto della Corte d’Appello di Venezia. Un’iniziativa che si affianca al consolidato impegno del CSV di Verona con lo sportello di Giustizia riparativa ed il progetto RE-START
Verona si conferma capofila nell’innovazione del sistema penale italiano. Dopo l’approvazione da parte della Giunta comunale dell’adesione al Protocollo d’Intesa con la Conferenza Locale per la Giustizia Riparativa e il Ministero della Giustizia, la città scaligera ospiterà uno dei tre Centri per la Giustizia Riparativa del distretto veneziano, insieme al già attivo sportello del Centro di Servizio per il Volontariato (CSV). Il CSV Verona infatti dal 2011 è attivo per dare una risposta concreta a questa domanda con lo Sportello Giustizia – attraverso il progetto RE-START – partendo dalla sensibilizzazione delle tante realtà associative presenti sul territorio veronese che possono rendersi parte attiva di un processo fondamentale che vuole migliorare il ben-essere delle nostre comunità, attraverso percorsi di inclusione sociale e di promozione della cittadinanza attiva.
Un modello di giustizia che guarda al futuro. Il nuovo Centro rappresenta l’attuazione concreta del Decreto Legislativo 150/2022 (Legge Cartabia) e si inserisce in un tessuto già fertile di iniziative. «Avere un centro sul territorio significa poter rispondere in modo concreto e vicino ai bisogni della comunità, Verona è già sede distaccata dell’Ufficio Servizi Sociali per i Minorenni e questo centro si rivolgerà sia ai minori che agli adulti», sottolinea l’assessora alla sicurezza e legalità Stefania Zivelonghi. «È un passo avanti importante verso una giustizia che punta al recupero e alla responsabilizzazione nel rispetto della normativa nazionale e dei principi dell’Unione Europea».
L’istituzione del Centro sarà interamente finanziata dal Fondo nazionale per la giustizia riparativa, dotato di 4,4 milioni di euro annui per il triennio 2025-2027. La gestione verrà affidata a un ente del terzo settore accreditato, in stretta sinergia con Tribunale, Camera Penale, UEPE e altri soggetti territoriali.
CSV Verona: pioniere con il progetto RE-START. Parallelamente al nuovo Centro istituzionale, il Centro di Servizio per il Volontariato di Verona continua il suo percorso di Giustizia riparativa, iniziato nel 2011, con l’ innovativo progetto RE-START – “Volonta-Reato: costruire legami con la comunità”. Questo programma, giunto alla terza edizione e attivo fino a novembre 2025, rappresenta un approccio rivoluzionario che pone l’accento sugli effetti del danno-reato piuttosto che sulla semplice punizione. Il progetto si propone di porre maggiore attenzione sugli effetti causati dal danno-reato e comprendere quali bisogni ha generato in tutte le parti coinvolte, piuttosto che concentrarsi sulla pena da comminare.
Sinergie istituzionali per il cambiamento. La forza del modello veronese risiede nella capacità di creare reti efficaci. Il protocollo siglato a giugno 2025 tra CSV e UEPE (Ufficio Distrettuale Esecuzione Penale Esterna) ha formalizzato una collaborazione che coinvolge oltre 1.500 persone in carico all’UEPE nel territorio veronese.
“Il reato non è considerato come semplice ‘fatto’ ma assume una valenza relazionale”, evidenzia Enrico Santi, direttore UEPE Verona. “Strutturiamo occasioni di incontro, riflessione e lavoro con e per la comunità”.
Risultati concreti: il caso “Tra Zenit e Nadir”. L’efficacia dell’approccio riparativo trova conferma nel progetto “Tra Zenit e Nadir”, rivolto a giovani ex appartenenti alla banda Qbr. I risultati parlano di percorsi di reinserimento riusciti: alcuni partecipanti hanno avviato tirocini retribuiti, altri hanno trovato lavoro stabile, altri ancora hanno completato gli studi con ottimi risultati.
Verso una giustizia più umana. La giustizia riparativa rappresenta un paradigma alternativo che coinvolge vittime, autori di reato e comunità per riparare i danni derivanti dal crimine. È un processo volontario che punta sulla responsabilizzazione attiva del reo, sull’ascolto della vittima e sul ruolo di sostegno della comunità.
La giustizia riparativa apre quindi a una complementarietà del tutto inedita nel sistema penale, posto che finora quest’ultimo ci ha abituati alla separazione, sotto ogni profilo, del reo dalle vittime e dalla collettività. La “frattura” viene replicata in ogni piega dell’iter giudiziario-repressivo tradizionale: dal posto ‘fisico’ assegnato all’uno e alle altre nell’aula processuale, alla natura della sentenza stessa che rigidamente decide di condanne o assoluzioni (dividendo con nettezza colpevoli e innocenti, senza lasciare spazio, quindi, a sfumature), giù fino alla pena configurata come segregazione cui verrebbe assegnato il compito di tutelare la vittima e i consociati, proprio grazie alla separazione materiale, morale e giuridica del colpevole dal resto del consesso umano.
Se il processo penale rende esplicite la differenza e la separazione, la restorative justice vuole ad ogni passo mostrare la dimensione, anche fisica, della comunanza.
Come ha sottolineato Roberto Veronese, presidente del CSV Verona, lo scorso 26 giugno in occasione della sigla con l’UEPE, Ufficio distrettuale esecuzione penale esterna, del Protocollo per l’Inclusione sociale di persone sottoposte a misure alternative alla detenzione e sanzioni di comunità, «Il valore che si aggiunge è l’opportunità di essere cittadini attivi, contribuendo a creare comunità più coese, rigenerando i legami e trasformando il senso della pena in un’azione di riparazione verso la comunità».
Alberto Speciale
Fonte notizia Ufficio stampa comune Verona










































