Festival Biblico 2018: il senso del Futuro che ci attende, dal 4 maggio a Verona

 
 

 

Il tema del Festival Biblico 2018, FUTURO, ci connette al mistero del tempo che da sempre inquieta gli uomini e muove emozioni profonde che nutrono società, scienze, filosofie, religioni e arti. Il Festival vuole offrire la possibilità di scoprire cosa la Bibbia ha da dire sul futuro – inteso principalmente nel suo rapporto costitutivo con le nostre esistenze umane – e quali orizzonti dischiuda in proposito.

Il futuro è uno sguardo lungo su ciò che ci viene incontro, che ci aspetta e che aspettiamo e sul cambiamento che questo porta con sé e in noi. Spesso oggi il futuro viene confuso con il nuovo, ma il nuovo è solo uno spostamento, una differenza rispetto al prima, il rifiuto di un presente che non vogliamo più. Il futuro, invece, è apertura disponibile, attesa, immaginazione, cammino, anche lotta. Per avere il nuovo serve solo una critica del passato. Per avere futuro occorre una visione sul domani, un obiettivo, una speranza, un’apertura.

Il senso del «futuro» ha a che fare anche con le forme del tempo. Società agrarie, legate ai cicli del tempo atmosferico, si sono pensate in un tempo dalla forma circolare in una sostanziale ripetizione dell’uguale. Nel mondo ebraico e cristiano il tempo è sperimentato a due velocità, quella del costante ripetersi dell’errare umano e quella dell’irruzione del kairòs, del tempo ricco, del tempo di Dio che agisce nella storia e salva. La forma che ne deriva è una spirale che si apre, dove le cose ritornano, ma a un livello diverso, con consapevolezze più ampie e mature. C’è poi la forma moderna del tempo, una linea di ininterrotto progresso che va dal passato al futuro. E’ il tempo della produzione industriale, dell’ottimismo storico, in cui il fine dell’uomo è nelle sue mani, nel suo futuro. E’ un tempo preciso, razionale e uniforme, ma soprattutto umano, possesso dell’uomo anziché di Dio. Oggi, la forma dominante sembra il tempo dei media. Tutto è riproducibile, revocabile, disponibile, perché descritto e riprodotto dal sistema della documentazione, della manipolazione, della fiction. Dopo il cerchio, la spirale, la semiretta, ecco apparire quello che possiamo chiamare il “tempo a cono”: un fascio di luce che illumina un oggetto e poi si sposta su qualcos’altro. Non si percepisce passato, non si percepisce futuro. Viviamo nella flessibile e virtuale dilatazione del presente.

Ma in un discorso intorno al «futuro» occorre considerare un altro fondamentale aspetto: la correlazione costitutiva tra tempo, futuro e coscienza umana. Capire il tempo e il futuro implica e significa riflettere su noi stessi, questo perché il futuro non si presenta mai in modo determinato o alla maniera di una semplice-presenza, ma è sempre costituito da una molteplicità di possibilità indeterminate. Mentre emerge la potenza della decisionalità umana, ne emergono, quindi, anche i limiti, ovvero la finitezza: il futuro, il presente e il passato possibili ed effettivi non provengono solo dalla libertà e dalle decisioni dell’esistenza umana, ma anche da «altri» e da possibilità «date» che costituiscono la condizione e il condizionamento della sua esistenza. Il futuro, in questo senso, è un intrecciarsi delle mie attive possibilità e di quelle che mi sono offerte/imposte da altri (l’altra persona, la moltitudine, la natura, la cultura, Dio) e la libertà umana non è solo questione di fare spontaneamente ma anche di lasciar essere.

Come costruire allora il futuro che non c’è, in un tempo a geometria variabile, in una scena mondiale irretita dall’insicurezza e dilaniata dai conflitti, in una psicosi collettiva dominata dalla paura più che dalla speranza? Coltivando la pazienza e la cura, coltivando la fede nella promessa del Dio affidabile. Chi crede così nel futuro si prende liberamente cura del presente, cioè degli uomini e delle donne che trova lungo la strada, della Terra che ha avuto in eredità, dei sogni che meritano di essere ancora sognati. In questo senso il futuro è tempo per l’accoglienza dell’altro e in questo, per il credente, si manifesta il kairòs che diviene criterio orientante per le sue scelte e il suo stile di vita. Ma il futuro non va solo coltivato, va immaginato, sperato e agito, colto nei segni che lascia in anticipo di sé, visto laddove si nasconde e portato alla luce, come una candela sopra il moggio. Chi crede nel futuro lo fa perché per la promessa del Dio affidabile crede che nessun tempo è segnato dal male senza speranza.

Programma Verona 4 > 6 maggio

La via consolare Postumia, asse viario sulle cui fondamenta è stata eretta la città, che con l’occasione diventa la direttrice tematica, geografica, spirituale, dell’intero festival veronese, in programma dal 4 al 6 maggio.

A Verona, la via Postumia si incrociava con la Claudia Augusta e la Gallica, configurando quella che sarà la caratteristica permanente della città per gli anni futuri, fino ai nostri giorni: un crocevia di personaggi, idee, civiltà, avvicendamenti complessi, che ha dato origine a una città aperta, vivace e accogliente.

 Una vocazione che Verona è chiamata a custodire, e che il Festival Biblico, in riva all’Adige per il settimo anno consecutivo, intende coltivare e accrescere con spunti dal territorio, ma anche contaminazioni da mondi altri.

Ecco che a inaugurare il cartellone scaligero, venerdì 4 maggio alle ore 21.00 presso la Chiesa di S. Anastasia, sarà monsignor Timothy Verdon – storico dell’arte sacra, Canonico del Duomo di Firenze e direttore del Museo dell’opera di quest’ultimo – che ci condurrà in un viaggio nel futuro, attraverso la lettura di alcune celebri immagini sacre (lo stesso Giudizio Universale della Cappella Sistina), quale possibile chiave, lasciataci in eredità da artisti-profeti, per ipotizzare il nostro avvenire. L’arte come profezia, dunque, di un tempo che non ci appartiene immediatamente, ma che possiamo percepire in tutta la sua potenza già nel tempo presente.

Di pregnanza “profetica” sarà anche la testimonianza di Gregoire Ahongbonon, laico del Benin che dagli anni ‘90 ha accolto oltre 60mila persone con problemi psichici, spezzando loro le catene di ferro in cui spesso venivano trovati. Un testimone universale dell’azione concreta che ciascuno potrebbe compiere difronte a un problema sociale.

Tra le proposte a cielo aperto, fiore all’occhiello dell’offerta scaligera sin dalla prima edizione, c’è grande fermento per l’apertura del nuovo itinerario del progetto Verona Minor HierusalemRinascere dalla terra, Verona crocevia di storia, civiltà e cultura, che sarà inaugurato proprio in occasione di questo Festival, con il fine di riscoperta e valorizzazione di una porzione della via consolare (Postumia). Un pellegrinaggio a più tappe, che oltre ad alcune chiese toccherà l’antico Arco dei Gavi, protagonista di un Lights Show a cura di Lucio Schiavon, che per una notte trasformerà il monumento in uno Stargate del futuro, tramite uno spettacolo di luce, un gioco di colori, musica e parole dalla Genesi all’Apocalisse, proiettato su questa simbolica porta della speranza.

«Assieme alle visite guidate e all’apertura di luoghi dedicati alla scoperta della Postumia», spiega don Martino Signoretto, Vicario episcopale alla Cultura della Diocesi di Verona e referente del Festival Biblico per la Diocesi di Verona, «daremo voce a una serie di questioni dal forte carattere interculturale, come nell’incontro sulla vita extraterrestre con il cosmologo Yves Gaspar e il gesuita e docente Andrea Vicini, che per l’occasione giungerà direttamente da Boston». I due dibatteranno attorno a una domanda provocatoria ma emergente: E se esistesse la vita aliena?, «Come cambierebbe la nostra percezione di Dio, il nostro modo di intendere la rivelazione, la teologia, la stessa redenzione?», sottolinea Signoretto.

Non mancherà il linguaggio dell’ironia, riso e leggerezza, offertoci da Paolo Cevoli al Teatro Ristori, con il suo spettacolo, semplicemente intitolato: Bibbia. «Anche la comicità, infatti, costituisce una chiave di lettura soprattutto quando il futuro si presenta con toni minacciosi, per imparare dal proverbio che “ride bene chi ride ultimo” e che quindi non vale la pena lasciarsi dominare dalla paura… ma che è meglio azzerarla con una risata»

Il Festival Biblico 2018 vuole affrontare un tema, il futuro, che non è solo uno slogan, ma un paradigma dei nostri tempil . «In un periodo storico in cui affiorano nostalgie a livelli diversi, come ha ben evidenziato Zygmunt Bauman nel suo ultimo libro “Retropia”, il festival tenta di riportare la questione “Futuro” nella sua prospettiva biblica, quindi con il carico di speranza che l’uomo biblico ha sempre coltivato, ad ogni costo, anche quando la prospettiva era ed è la morte. Morte che per l’uomo biblico è solo momento di transizione per l’aldilà, in attesa di una futura risurrezione».

Le inquietudini del e per il futuro saranno contaminate da un approccio multidisciplinare che le canalizzerà in un ricerca collettiva e condivisa della speranza.

Lavoro, famiglia, innovazione, robotica, ambiente, sostenibilità, migrazione, crescita demografica, sicurezza, istruzione, salute, anzianità, denatalità, «sono i mattoni con cui oggi costruiremo il nostro futuro, un futuro sempre più rapido, in cui il fattore tempo subisce un’accelerazione in maniera proporzionale al nostro indice di crescita tecnologica. Risulta quindi fondamentale affrontare queste sfide con lo stile di chi vuole accendere la sua luce: questo sì, può fare la differenza», spiega ancora Signoretto. Motivo per cui «queste tematiche saranno al centro di confronto e scambio di idee, quale è il focus sul lavoro in rapporto alla robotica, sia meccanica sia digitale, che sta allarmando intere generazioni che si sentono sostituibili da robot. Il problema è antropologico: che idea di uomo e donna immaginiamo pensando a una vita priva della necessità di lavorare? Come si pone questa prospettiva rispetto a quello che la Genesi dice sul lavoro? »

Vengono, ancora una volta. in soccorso le Scritture: «Il Creatore dell’universo è “un Dio che lavora e riposa”. La creazione ha una struttura ebdomadaria -sei giorni di lavoro più uno di riposo-, a suggerire l’armonia e la bellezza della stessa attività creatrice (lavoro). Dio benedice l’uomo e la donna nel loro riempire la terra, prenderne possesso e governarla anche, e soprattutto, con il loro lavoro. E questi atti di generazione, di relazione e di lavoro sono parte del progetto di Dio, di ordine nel mondo e di vittoria sulle forze del caos».

Scarica qui il Programma completo

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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