Direttiva Ue che prevede riqualificazione degli edifici: dubbi da parte di Ance

 
 

“La direttiva Ue che prevede il passaggio degli edifici nel 2030 in classe E e nel 2033 in classe D rappresenta una sfida molto difficile da vincere, soprattutto ora che i bonus vanno via via ridimensionandosi. Gli immobili da riqualificare per rispettare le indicazioni europee sono il 74% circa dell’intero patrimonio a livello nazionale. Stiamo parlando di 9 milioni di fabbricati su 12,5 milioni. E i dati del Veneto sono in linea con quelli nazionali, con circa 770mila unità su cui intervenire. Facendo un rapido conto, per rispettare l’obiettivo del 2030 in classe E dovrebbero essere riqualificati ogni giorno 300 edifici in Veneto, partendo subito”. Così il presidente di Ance Veneto, Paolo Ghiotti. 

“Senza dimenticare che i costi, tra i 400 e i 700 euro a metro quadro, farebbero capo ai proprietari delle case – precisa Ghiotti – e questo complica molto il processo di riconversione. Ricordo infatti che, a differenza di altri stati in cui gli immobili sono di proprietà di grandi agenzie immobiliari, noi per l’80% siamo proprietari della casa in cui viviamo. Abbiamo, inoltre, un patrimonio molto diverso:  se andassimo a fare un giro in Svezia, in Norvegia vedremmo tutte case molto simili, di legno, nuove. Ma basta andare a  Venezia per capire quanto sia difficile, se non impossibile, eseguire lavori di riqualificazione in quel contesto immobiliare. Pensiamo solo a dover mettere un cappotto o un vetro triplo con una doppia camera d’aria in qualche palazzo veneziano: vorrebbe dire snaturare il nostro patrimonio architettonico”. 

Ghiotti sottolinea che se non dovessimo rispettare il timing europeo non dovremmo andare incontro a particolari sanzioni e che esistono diverse eccezioni, come i luoghi di culto, gli stabili delle forze armate, le caserme, le abitazioni con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati, gli edifici vincolati, le seconde case. Però, aggiunge il presidente di Ance Veneto, è pur sempre necessario intervenire: “I nostri fabbricati sono estremamente energivori e inquinanti: basti pensare che emettiamo il 21% di CO2 in atmosfera e il 64% di polveri sottili. E allora se vogliamo pensare ad un futuro migliore dove abitare, a un mondo più sostenibile, ed essere anche meno dipendenti dal fossile dobbiamo pensare alle fonti alternative. E questo non tanto perché l’articolo 9 della nostra Costituzione ci dice di tutelare il paesaggio e il nostro patrimonio artistico, ma proprio perché è indispensabile approcciarsi al futuro in termini di cultura diversa”. 

Come intervenire? “Con il coraggio di cambiare il nostro modo di costruire – afferma Ghiotti -, demolendo e ricostruendo in sito tutti quei fabbricati privi di valore architettonico, anche se vecchi più di 50 anni. Abbiamo la cultura tecnica e i materiali per poterlo fare bene e a volte costa anche meno di un restauro. Naturalmente immobili di pregio architettonico devono essere rispettati. Demoliamo un fabbricato Ater di 60 anni perché orrendo e ristrutturiamo la palazzina che merita, vincolata dalle belle arti. Dobbiamo sempre trovare il giusto modo ed equilibrio nel fare le cose”.

 
 

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