Danno ambientale in Valpantena: per la legge “chi inquina paga”. Ma non è sempre così

 
 

La frequenza con la quale si verificano i danni all’ambiente e le correlate conseguenze, spesso irrimediabili, che ne discendono per l’ecosistema e per la collettività pongono come di estrema necessità la predisposizione di un sistema di tutele efficiente che  fornisca risposte adeguate per far fronte alle emergenze e di una precisa e chiara determinazione dei criteri che presiedono all’imputazione del danno e all’individuazione dei responsabili.

La prova della colpa del danneggiante è spesso difficilmente indagabile, poiché dovrebbe essere “scovata” all’interno di processi tecnologici, produttivi e distributivi assai complessi (vedi per esempio il caso PFAS e Miteni Spa).
Ne consegue il problema di delimitare l’area dell’illecito rilevante, stabilendo quando un danno che si presenta come “anonimo” possa essere ragionevolmente imputato ad un certo soggetto e se, a fronte di situazioni di incertezza tecnologica e scientifica, sia sufficiente la mera probabilità che esso sia stato cagionato nell’esercizio di una data attività ad attribuire rilevanza giuridica al medesimo. Proprio il fenomeno della massificazione dei danni “senza autore”, imputabili esclusivamente ad attività esercitate in forma organizzata e non a singoli individui, ha contribuito all’introduzione di regole di responsabilità oggettiva o semi-oggettiva.

Nel sistema relativo alla responsabilità ambientale connessa all’obbligo di bonifica è principio consolidato quello chiaramente espresso dagli artt. 242 e 244 del D.Lgs. 152/2006 secondo cui “l’obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell’inquinamento che le autorità amministrative hanno l’onere di individuare e ricercare”. Tale principio è stato  costantemente ribadito dal Giudice Amministrativo, da ultimo con la notissima ordinanza del Consiglio di Stato Sez. VI, 09/01/2013, n. 56.

Anche la giurisprudenza comunitaria si è orientata nei termini che precedono, ritenendo, che l’addebito dei costi dello smaltimento dei rifiuti a soggetti che non li hanno prodotti sarebbe incompatibile con il principio “chi inquina paga” (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 24 giugno 2008, n. 188).
In tale quadro però non sono solo i soggetti privati a venire gravati di precisi obblighi di intervento, esistono infatti chiari doveri della Pubblica Amministrazione e dei suoi dipendenti posti a garanzia del funzionamento del sistema delineato dal legislatore, il cui rispetto è una precondizione per dello stesso.

Attualmente non vi è dubbio che incomba sulla alla Provincia l’analogo l’obbligo di procedere ad attivare il procedimento di cui all’art. 244 del D. Lgs. 152/2006 nei medesimi casi prima disciplinati dalle predette norme. La normativa vigente infatti a sua volta impone all’Amministrazione il preciso obbligo giuridico di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento rilevato e l’emanazione della conseguente ordinanza di diffida.

L’inerzia dell’amministrazione nella individuazione del responsabile del sito pertanto vanificherebbe non solo il diritto della stessa ad agire contro tale soggetto, ma renderebbe anche impossibile alla stessa avvalersi della possibilità di recuperare quanto speso nei confronti del proprietario incolpevole. Essa infatti non potrebbe però agire in rivalsa nei confronti del responsabile dell’inquinamento non individuato, potendo invece  solo avvalersi del più incerto strumento del privilegio speciale immobiliare, nei limiti del valore del bene immobile. Ove tale valore non consentisse di recuperare quanto speso dalla Pubblica Amministrazione, ne deriverebbe quindi un danno patrimoniale a carico dell’erario e della collettività, oltre che del proprietario incolpevole del sito gravato dal privilegio immobiliare.

Porto in evidenza alcuni casi di inquinamento ambientale in cui la Provincia di Verona dopo aver accertato il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) nelle acque sotterranee prelevate nei punti di monitoraggio ha dovuto provvedere all’archiviazione dei procedimenti, Determine nn. 3134, 3153 e 3162 del 27/09/2018, avviato ai sensi dell’art. 244 del Decreto Legislativo 152/2006, in quanto il responsabile dell’inquinamento, a distanza di anni, non è stato identificato.

Partiamo dall’inizio. Dall’anno 2004 nelle acque di due pozzi ad uso idropotabile utilizzati per l’approvvigionamento idrico del Comune di Grezzana, ma ubicati entro il territorio del
Comune di Verona nei pressi dell’abitato di Poiano, sono stati registrati superamenti dei
limiti di legge (D.Lgs. 31/01 e D.Lgs. 152/06) per le sostanze tetracloroetilene (PCE) e
tricloroetilene (TCE). Conseguentemente il Comune di Verona, il Dipartimento provinciale ARPAV di Verona e la Procura della Repubblica di Verona hanno avviato in tempi diversi una serie di approfondimenti per definire l’estensione della contaminazione ed individuarne i responsabili. I risultati di tali approfondimenti sono sintetizzati nei documenti:
– Studio Nucci & Associati per Comune di Verona (2008). Indagine idrogeologica sulle
caratteristiche dell’acqua di falda nella zona di Poiano, Relazione Idrogeologica.
– Studio Nucci & Associati per Comune di Verona (2011). Realizzazione di piezometri
di monitoraggio per indagine idrogeologica e chimica a Poiano (VR), Relazione Tecnica.
– Dott. Luigi Vergnano per Procura della Repubblica di Verona (2013). Consulenza
tecnica per l’inquinamento delle falde acquifere in località Poiano (VR).

Sulla base dell’ultimo di tali documenti (Vergnano per Procura della Repubblica, 2013) è stato riscontrato un plume di contaminazione composto prevalentemente da PCE ed in misura minore da TCE che si estenderebbe per circa 4 km in senso longitudinale alla Valpantena tra l’area industriale di Marzana a nord e la località di Monticelli a sud. La contaminazione coinvolgerebbe, in vario modo, i depositi alluvionali della valle con particolare riguardo ai 3 orizzonti acquiferi presenti a profondità compresa tra 50 e 150 m da piano campagna.

Nel corso dell’indagine sono stati effettuati sopralluoghi ed accertamenti tecnici, tra cui campionamenti ed analisi dei terreni e delle acque di falda, questi ultimi presso 39 pozzi e piezometri distribuiti sul territorio del comune di Verona nella fascia della Valpantena compresa indicativamente tra il confine con il comune di Grezzana e località Poiano. Le risultanze analitiche, oltre al tetracloroetilene e al tricloroetilene, hanno evidenziato superamenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di cui al D.Lgs. 152/2006 (Tabella 2 dell’Allegato 5, Parte Quarta, Titolo V) anche  per i seguenti parametri:

  • parametro Cromo esavalente (valore limite di riferimento 5 µg/l, rilevato 5 e 7,9 µg/l ) nelle acque sotterranee dei pozzi campionati P5 (a Santa Maria in Stelle), P8, Morbioli 6 e Beton 11. L’ARPAV di Verona ha effettuato accertamenti analitici sui campioni di acque sotterranee prelevate il 1-2 dicembre 2015 dai pozzi in Loc. Poiano e Loc. Marzana in Valpantena  e relativamente al pozzo P5, il cromo esavalente risultava non rilevato (<5 µg/l).
  • parametro Ferro (valore limite di riferimento 200 /lµg, rilevato 528 µg/l) nel pozzo denominato P9  in Stradella Maioli – Loc. Poiano in comune di Verona in quantità superiore al limite del D.Lgs. 152/2006
  • parametro Zinco, (valore limite di riferimento 3000 µg/l, rilevato 10.000 µg/l) nel pozzo denominato P32 in Via Clocego – Loc. Poiano in comune di Verona in quantità superiore al limite del D.Lgs. 152/2006.

Degno di nota è l’accordo stipulato tra il Comune di Verona e Università di Modena e Reggio Emilia, dipartimento di scienze chimiche e geologiche, al fine di avviare uno studio per la caratterizzazione idrogeologica degli acquiferi della Valpantena, compresi tra la frazione di Marzana e il quartiere di Santa Croce, finalizzata alla comprensione e alla definizione del fenomeno di inquinamento da TCE/PCE allo scopo di ipotizzare soluzioni di messa in sicurezza di emergenza. Cosi come da Delibera di Giunta n. 307 del 30/08/2016 e successiva proroga.

Peccato che ad oggi gli esiti non sono stati ancora pubblicati nonostante la conclusione delle attività di analisi risalga al 31 dicembre 2017 e due domande di accesso civico generalizzato.

Neppure De Rossi Michele l’autore della tesi di laurea “Studio di un fenomeno di inquinamento PCE-TCE delle acque sotterranee di una valle prealpina a nord di Verona” [Nella media-bassa Valpantena è presente un inquinamento da PCE-TCE provocato da sversamenti accidentali di una piccola azienda grafica, che ha colpito pozzi irrigui ed acquedottistici all’interno della valle. Lo studio condotto in questa tesi, caratterizza il sottosuolo della valle ed il fenomeno inquinante, aggiornando la situazione al 2017 e proponendo una ipotesi di bonifica.] ha potuto fornire informazioni a causa dell’embargo triennale della tesi.

Come ha scritto Papa Francesco: “la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone. Il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie.”

Alberto Speciale

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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