Dalle sirene delle Fiamme Gialle alla débâcle della Fondazione Arena. La fine del regno di Flavio Tosi

 
 

“Conosco Tartaglia da quasi vent’anni, è stato direttore con questa amministrazione, con quella precedente e con quella prima ancora; ha lavorato con tanti presidenti, è un uomo delle istituzioni”.

Così si espresse Flavio Tosi all’indomani dello sconquasso in Agec che portò all’arresto di 8 funzionari, tra cui l’ex Direttore Generale.

Cosa intendesse il primo cittadino con Uomo delle Istituzioni resta tutt’oggi un mistero: l’ex Legale Rappresentante di via Enrico Noris un anno dopo veniva condannato in primo grado a 3 anni e 9 mesi per turbativa d’asta e falso.

Viene da chiedersi se con quella perifrasi il Sindaco alludesse al fatto che l’ingegnere conoscesse gli scheletri negli armadi degli amministratori che via via si erano succeduti. Se così fosse, ecco spiegato il perché nessuno si sognava di rimuoverlo. Compreso Tosi, Sindaco-simulacro di una Verona sempre più devastata.

Da allora sono trascorsi quattro anni, archiviati troppo in fretta in un passato remoto che ha cancellato dall’attualità l’ex numero uno di Agec. Accadimenti che però non elidono dalla memoria le topiche di “Re” Flavio, vicino alla definitiva uscita di scena dall’agone politico scaligero. 

Accesa, seppur flebile, la stella di Tosi assomiglia ad un lumicino che brilla meno delle luminarie di piazza Erbe e rifulge sì e no quanto un bagliore offuscato, figlio di quell’incoerenza che notoriamente lo accompagna.

Garantista con il carnefice Tartaglia e giustizialista con la vittima Croce, prima, durante e dopo i processi, quasi fosse un boia di stampo islamico condannò chi venne assolto con formula piena e assolse chi venne condannato in primo grado.


Un’azione governativa che tutt’oggi danneggia gravemente le principali risorse locali, dalla Fondazione Arena all’Aeroporto Catullo, giusto per citare solo un paio di casi eclatanti.

Ciononostante Tosi reclama insistentemente il Terzo mandato, ultimo atto di irresponsabilità di chi è arrivato al capolinea senza rendersene conto. 

Che manchi di pudore o che sia obnubilato dal senso di onnipotenza, resta da capire chi sarebbe disposto a votarlo. Il che zavorra irrimediabilmente il suo piano e lo pone invariabilmente in un vicolo cieco.

Sakurambo 

 
 

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