Corte Costituzionale, abitabilità dei sottotetti: è inderogabile l’altezza minima di 2,70 mt

 
 

Per la Corte Costituzionale i locali destinati alla permanenza delle persone, inclusi i sottotetti, non possono avere un’altezza minima inferiore a m 2,70 pertanto sono illegittimi i regolamenti edilizi regionali e comunali che prevedano per i sottotetti altezze inferiori.


La Corte Costituzionale con la Sentenza 124/2021, intervenendo nel merito di una Legge 30/2019 della Regione Liguria, chiarisce definitivamente la ingarbugliata questione della derogabilità, da parte di leggi regionali, dei parametri contenuti nel Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975, come integrate dal D.M. 26 giugno 2015 (“Requisiti minimi”), da coordinare congiuntamente con quanto stabilito dall’articolo 218 del R.D. 1265/1934 (Testo Unico delle Leggi Sanitarie), norma a tutt’oggi di rango primario.

Sono perciò incostituzionali le norme regionali e, conseguentemente, illegittimi eventuali regolamenti edilizi comunali attuativi, nelle parti in cui consentono la possibilità di abitare i sottotetti ad altezze minime inferiori come 2,40 metri – ad eccezione per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni e i ripostigli – in quanto si pongono in contrasto con le prescrizioni inderogabili del Decreto Ministeriale del 5 luglio 1975 che fissa i requisiti igienico sanitari principali dei locali d’abitazione.

Il R.D. 1265/1934 ha demandato al ministro competente il potere di emanare istruzioni di massima affinché i regolamenti locali di igiene e sanità assicurino standard minimi di aero-illuminazione e salubrità degli ambienti.

In sostanza, le prescrizioni inerenti l’altezza minima dei locali abitabili costituiscono principi fondamentali anche nella materia del governo del territorio, vincolanti per la legislazione regionale e, a maggior ragione, per i regolamenti comunali in materia.

Conseguentemente resta inviolabile il parametro legato all’altezza minima a m 2,70 per le abitazioni e la possibilità di abitazione dei sottotetti, misura che può abbassarsi a m 2,40 solo per locali accessori quali corridoi, ripostigli e servizi igienici.

I Comuni quindi non possono in alcun modo prevedere nei propri regolamenti comunali, da adeguare al regolamento edilizio tipo varato in sede di intesa del 20 ottobre 2016 dalla Conferenza Stato-Regioni, altezze minime inferiori a m 2,40, anche in presenza di eventuali leggi regionali che lo prevedano.

Si ricorda inoltre che lo stesso D.M. dispone l’unica deroga alla regola generale soltanto nei Comuni montani al di sopra dei mille metri sul livello del mare, in cui è consentita una riduzione dell’altezza minima dei locali abitabili a 2,55 metri, in considerazione delle condizioni climatiche locali e della locale tipologia edilizia. Questa deroga si applica quando siano sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie e l’edificio presenti caratteristiche tipologiche specifiche del luogo meritevoli di conservazione.

La Consulta produce una adeguata motivazione nel dichiarare la predetta norma regionale in contrasto con quella statale del D.M. 5 luglio 1975, che riporto integralmente: «Le previsioni in tema di altezze interne degli edifici, dettate dal D.M. 5 luglio 1975, si prefiggono di salvaguardare le condizioni di abitabilità e di agibilità degli edifici e rappresentano diretta attuazione delle prescrizioni stabilite dal R.D. n. 1265 del 1934, fonte normativa di rango primario (Consiglio di Stato, sezione seconda, sentenza 23 dicembre 2020, n. 8289). La norma secondaria attua e specifica l’imperativo contenuto nella norma primaria e ne definisce il contenuto minimo inderogabile, dal quale la verifica dell’abitabilità non può prescindere (Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 26 marzo 2021, n. 2575). L’inderogabilità dei requisiti di altezza minima, ribadita da questa Corte (sentenza n. 256 del 1996) nello scrutinio della disciplina del condono (art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, recante «Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie»), risponde a esigenze di tutela della salubrità degli ambienti e della salute delle persone che vi dimorano. Le prescrizioni riguardanti l’altezza interna degli edifici, al pari dei parametri di aeroilluminazione, perseguono l’essenziale finalità di conformare l’attività edilizia e, in tale ambito, apprestano misure volte anche a garantire il diritto alla salute nel contesto dell’abitazione, spazio di importanza vitale nell’esistenza di ogni persona. Tali prescrizioni si configurano, pertanto, come princìpi fondamentali nella materia «governo del territorio», vincolanti per la legislazione regionale di dettaglio».

Pertanto anche se altre Regioni hanno approvato norme simili per derogare le altezze minime delle abitazioni, ciò non giustifica la possibilità di mantenere la suddetta normativa della Liguria.

Il Comune di Verona si è dotato del nuovo Regolamento edilizio comunale, approvato con Delibera Consiglio Comunale n. 32 del 24.06.2021, pienamente efficace dal 22 luglio 2021, che abroga il precedente Regolamento Edilizio 2012 approvato con Delibera Consiglio Comunale n. 20 del 16.03.2012. Al punto 3 (altezze dei locali) dell’art. 38 – Caratteristiche costruttive e funzionali degli edifici – è previsto che:

1. Interventi di nuova costruzione, ampliamento (per la sola parte di ampliamento), demolizione e ricostruzione: i locali a destinazione residenziale devono avere le misure previste dal D.M. del 05/07/1975 (altezza di 2,70 m per i locali abitabili e di 2,40 m per i locali accessori) con le  precisazioni e le integrazioni di cui ai commi seguenti.
2. Interventi sugli edifici esistenti:
a) Negli interventi su edifici legittimamente esistenti, anche se già conformi al D.M. 05/07/1975, l’altezza interna esistente può essere ridotta fino ad un massimo di 10 cm per ragioni di risparmio energetico (posa in opera di isolamenti, pavimenti radianti, etc…) in attuazione dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n. 192/2005. La medesima deroga è possibile anche per ragioni di rinforzo strutturale.
b) Nei cambi d’uso verso la destinazione residenziale, nei centri storici e negli edifici rurali,
l’altezza interna è ammissibile con un minimo di 2,40 m per i locali di abitazione e di 2,20 m per i locali accessori.

Pertanto il Regolamento edilizio del Comune di Verona ammette la deroga dell’altezza consentendo un minimo di 2,40 m per i locali di abitazione nei casi di cambi d’uso verso la destinazione residenziale, nei centri storici e negli edifici rurali. Mentre è prevista la riduzione fino ad un massimo di 10 cm per ragioni di risparmio energetico relativamente agli interventi su edifici legittimamente esistenti, anche se già conformi al D.M. 05/07/1975.

Resta da capire adesso l’impatto della Sentenza della Corte Costituzionale sul Regolamento comunale di Verona (ma non solo evidentemente) posto che con la sentenza della Consulta pare confermato il principio per cui le norme regionali non possano derogare i requisiti igienico sanitari del D.M. 5 luglio 1975 nei locali accessori e pertinenziali, quali altezze e rapporti aeroilluminanti, perchè in contrasto con tale norma nazionale ed esulante tra i poteri di legislazione concorrente.

Soprattutto sarà interessante capire come la predetta Sentenza si possa coniugare rispetto alla Sentenza di Corte Costituzionale n. 54 del 31 marzo 2021 la quale pareva aver sciolto il dubbio sulla possibilità di derogare ad alcuni requisiti igienico sanitari di altezze minime e rapporti illuminanti imposti da norme statali, in base a certe condizioni, così come previsto dalla Legge Regione Veneto n. 51/2019 “Nuove disposizioni per il recupero dei sottotetti ai fini abitativi”. La legge regionale ha consentito la conversione di mansarde e sottotetti derogando alle altezze minime previste dal D.M. 5 luglio 1975 sollevando alcune questioni di legittimità costituzionale da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tutti respinti dalla Consulta tranne la parte in cui sembra sottoporre gli interventi sempre alla SCIA ordinaria, anzichè alla SCIA alternativa o a quella ordinaria, a seconda di quello che serve in base al DPR 380/2001  (vale a dire se è ristrutturazione o no).

Alberto Speciale


Regolamento edilizio Comune di Verona ed allegati: link collegamento.

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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