Corpo di Ballo dell’Arena: la voce di chi danza

 
 

Una vexata quaestio, quella relativa alla sorte del Balletto dell’Arena di Verona: sono state pubblicate le versioni delle varie parti in causa; ora riceviamo, tramite Andrea Nicolini del Comitato Opera Nostra Fondazione Arena Bene Comune, anche la nota di Marco Fagioli, ex-ballerino, e la rendiamo pubblica, affinchè il quadro sia quanto più comprensibile e giudicabile in maniera imparziale e limpida.
“Apprendo, ancora una volta dalla stampa, che si torna a parlare del Corpo di Ballo della Fondazione Arena di Verona . Le dichiarazioni della candidata di Fratelli d’Italia, nonché stimata soprano, Cecilia Gasdia, circa la contropartita politica tra Flavio Tosi e il governo Renzi rappresentata dalla chiusura del corpo di ballo veronese, danno voce ad un pensiero mai espresso, ma più che condiviso dai diretti interessati. Non sono a conoscenza dei mezzi che hanno permesso alla signora Gasdia di esprimersi pubblicamente in tal senso, ma, data l’illogicità della scelta che ha portato alla drammatica chiusura del gioiello che è stato il balletto dell’Arena, non posso che prenderne atto e ritenere quello illustrato come il più plausibile degli scenari.
Ho invece i mezzi e le competenze per contestare le rinnovate dichiarazioni di Flavio Tosi, che nuovamente torna a rivendicare quella scelta come l’unica e la migliore possibile. Le motivazioni portate a sostegno della sua tesi denotano la totale mancanza di competenza sull’argomento che tratta. Mi spiego meglio, entrando nel merito: Tosi parla di contratti a chiamata per i ballerini, da utilizzare solo quando effettivamente necessari. Dovrebbe 
innanzitutto spiegare cosa si intende con questa affermazione. Quando i ballerini sono necessari? Se, come probabilmente intende, lo sono solo per la stagione estiva per intervenire nei ballabili delle opere, ecco che i contratti a chiamata non sarebbero applicabili, in quanto occorrerebbero mesi per preparare le coreografie, mesi di impegno quotidiano, tralasciando le necessità di allenamento dei tersicorei e concentrandosi solo sulle prove per l’allestimento, sempre che si punti a raggiungere un prodotto artistico di alto profilo, altrimenti basterà un tutorial su Youtube.
Ecco che i contratti a chiamata, o meglio, a prestazione, non sarebbero possibili, perché deleteri per la buona riuscita dello spettacolo.
Potrebbe esserci anche il caso, meno probabile, in cui Flavio Tosi si riferisca ad una eventuale stagione di balletto, finora sempre presente nei cartelloni areniani, sia nella stagione invernale al Teatro Filarmonico che in quella estiva, originariamente in Arena, in seguito al Teatro Romano.
In questo caso come dovrebbero intendersi questi contratti a chiamata? Si dovrebbero recuperare di volta in volta danzatori con cui allestire ogni singola produzione? In questo modo, se i tempi e i costi sarebbero lunghi per gli interventi nelle opere, figuriamoci quanto potrebbero lievitare per un balletto a serata intera. Oppure si ritiene di rivolgersi alla circuitazione di altri corpi di ballo presenti sul territorio nazionale? Ma in tal caso si foraggerebbero semplicemente quelle fondazioni che hanno saggiamente deciso di mantenere e investire sul proprio corpo di ballo. Fondazioni come, ad esempio, il Teatro dell’ Opera di Roma, dove Carlo Fuortes, tuttora sovrintendente, ha mantenuto e favorito il balletto, guadagnando punteggio FUS , pubblico e sponsor, portandolo nei maggiori teatri italiani ed europei, l’ultimo in senso cronologico il Gran Teatro la Fenice di Venezia. Stranamente Fuortes, da commissario a Verona, in presenza di un debito inferiore rispetto a Roma e potendo contare su un numero di danzatori maggiore, decide di chiudere il corpo di ballo. In sintesi, con questo mezzo, l’Arena di Verona non produrrebbe balletto e non ne ricaverebbe alcun vantaggio, semplicemente ingrasserebbe altre fondazioni italiane, quando non estere.
Ho letto che Tosi parla anche di logica aziendale. Non essendo un tecnico non entro nel merito, ma mi chiedo quale possa essere la logica aziendale che sta dietro ad una mossa così suicida. Suicida perché, come abbiamo visto, il corpo di ballo è l’elemento artistico che fa la differenza tra un teatro di serie A ed un teatro di serie B, per fare un paragone calcistico. Dismetterlo indica chiaramente che direzione si vuole intraprendere. Inutile rimarcare che il Consiglio di Indirizzo che stava dietro questa logica aziendale era lo stesso che lo scorso anno aveva appoggiato la richiesta di liquidazione coatta amministrativa per tutta la Fondazione.
Tosi dice anche che con questo metodo l’Arena potrebbe assicurarsi di volta in volta i migliori professionisti sul mercato. Questo punto è il più ingenuo di tutta la sua tesi. Posto che i danzatori che si avviano al professionismo provengono per la quasi totalità dalle più grandi accademie di danza italiane ed europee, dove arrivano al diploma dopo anni di selezioni, chiunque abbia un minimo di cognizione di causa sa che un discorso vale per i solisti che vivono individualmente la propria carriera, altro discorso vale per il corpo di ballo, che si forma e innalza la propria qualità solo con un costante lavoro d’insieme, dato dalla continuità di lavoro e quindi dalla continuità contrattuale, esattamente come un’orchestra e un coro. Se poi ci si volesse riferire al poco valore degli artisti che hanno fatto parte del corpo di ballo veronese, anche in questo caso l’osservazione risulta curiosa, visto che qualunque danzatore abbia calcato le scene areniane, lo ha fatto dopo aver superato più gradi di selezione. Inoltre, dato che ormai è assente una programmazione di balletto e che tutta questa operazione è volta a ridurre vergognosamente gli stipendi dei danzatori, per quale motivo i migliori professionisti sul mercato dovrebbero scegliere di farsi sfruttare a Verona? L’unico modo in cui si può gestire e far funzionare un corpo di ballo, contenendo costi, ottimizzando i tempi di preparazione ed evitando le numerose contese legali che pesano sulla fondazione, era quello di mantenere un corpo di ballo stabile e produttivo, che con un giusto turn-over sarebbe rimasto anche giovane; tutto il resto è un maldestro tentativo di imporre una situazione di caporalato alle masse artistiche dei teatri, cercando prima di svilire la professionalità e il valore degli artisti e poi di sottopagarne il lavoro. Contrastare e denunciare tutto questo non è né di destra né di sinistra, è solo buonsenso, competenza e amore per il proprio teatro. Il grande Vittorio Gassman avrebbe detto che “ tutto ciò è patrimonio anche dei più indifesi””.
Marco Fagioli, ex ballerino di Fondazione Arena.

 
 

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here