Confartigianato, alcune attività artigianali escluse dal “Decreto Ristori”

 
 

Approdato nella notte in Gazzetta Ufficiale, il cosiddetto Decreto Ristori, contenente misure per sostenere i settori produttivi colpiti dall’emergenza Covid, preoccupa il mondo dell’imprenditoria artigiana.

Siamo preoccupati – afferma Roberto Iraci Sareri, Presidente di Confartigianato Imprese Verona –. Il primo brivido ci è venuto alla lettura dell’allegato 1, con il ritorno dei codici Ateco. Un sistema che abbiamo criticato pesantemente la scorsa primavera, perché in diversi casi dà luogo a discriminazioni tra situazioni molto simili: tra gli esclusi dai contributi erogati dal governo, per un ammontare complessivo di 5,4 miliardi, troviamo ad esempio tutte le imprese che svolgono l’attività senza somministrazione, in pratica tutto l’artigianato della ristorazione: pizzerie al taglio, gastronomie, rosticcerie, piadinerie non sono ammesse ai contributi nonostante stiano accusando da tempo vistosi cali di fatturato”.

Per la Confartigianato provinciale, poi, ci sono molti settori che subiranno un effetto collaterale dalle chiusure serali, ossia quelle imprese che, nel mondo Ho.re.ca., avevano un gran fetta del loro mercato e rischiano di dimezzare i fatturati. Si tratta della filiera della produzione alimentare artigiana, dai panifici ai pastifici, dai caseifici ai salumifici, dai birrifici ai produttori di bevande, dalle aziende conserviere a quelle della trasformazione dei prodotti orticoli. Ma non solo, anche aziende del trasporto merci, lavanderie e delle pulizie a cui vanno aggiunte tutte le imprese legate alle cerimonie come fotografi, sarti e quant’altro. Un mondo di circa 12 mila aziende artigiane a livello regionale ed i loro 35 mila addetti.

La seconda delusione – prosegue Iraci Sareri – arriva scorrendo le tabelle con l’elenco delle attività produttive che hanno diritto agli aiuti previsti dal Decreto Ristori. Non si capisce perché tassisti e Ncc siano gli unici a cui viene erogata la stessa cifra della volta precedente a fronte di chiusure effettive di tutto il comparto a causa della mancanza di richiesta di mobilità, che comportano perdite di milioni di fatturato, l’unica casella con su scritto 100%, mentre le gelaterie ottengono il 150%, i ristoratori il 200% e discoteche e night club arrivano al 400%. In totale, nell’artigianato veronese avranno diritto ai cosiddetti ‘ristori’ solo 542 imprese (2.700 in Veneto) che occupano 1.542 addetti (quasi 8.500 a livello regionale)”.

Resta sullo sfondo – sottolinea il Presidente di Confartigianato Imprese Verona – la scarsa efficacia di una spesa di 5,4 miliardi di euro per i ristori. Denaro che avrebbe avuto la sua forza di contrasto al coronavirus certamente in misura maggiore se fosse stato dispiegato per il potenziamento preventivo dei trasporti pubblici e nel far rispettare con rigore le misure che puniscono i comportamenti scorretti di singoli cittadini e di operatori, anziché stoppare in modo casuale, generalizzato e incomprensibile solo alcune attività. Non possiamo passivamente accettare le chiusure laddove c’è stata un’applicazione scrupolosa delle misure imposte dai protocolli di sicurezza e dove è stato verificato che il rischio Covid è sotto controllo”.

La salute e il rispetto delle norme, vengono prima di ogni altra cosa – conclude Iraci Sareri – su questo fronte la nostra Associazione garantisce la consueta e piena collaborazione delle imprese artigiane alle autorità di controllo, nel reciproco rispetto delle funzioni e per consentire ai cittadini di poter usufruire dei nostri servizi nel rispetto delle regole stabilite del Governo. Ogni misura presa ha un conto da pagare e il prezzo oggi rischia di essere altissimo per tutte le imprese artigiane”.

 
 

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