Cassazione, fisco: le vendite continue e ripetute su ebay sono reddito d’impresa, e vanno tassate

 
 

La Corte di Cassazione nella Sentenza n. 7552/2025  ha stabilito che la vendita abituale e continuativa di beni online, anche senza partita IVA, configura attività d’impresa


 

        La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 7552, pubblicata il 21 marzo 2025, ha stabilito un principio che potrebbe avere conseguenze rilevanti per migliaia di italiani che vendono abitualmente online: anche un privato senza partita IVA che effettui numerose vendite su piattaforme come ebay per un periodo prolungato può essere considerato un imprenditore a fini fiscali, con tutti gli obblighi che ne conseguono.

Il caso esaminato riguarda un contribuente che, pur non essendo titolare di partita IVA, aveva effettuato numerose vendite su eBay nell’arco di diversi anni. L’Agenzia delle Entrate, basandosi sulle movimentazioni bancarie non giustificate, aveva contestato al soggetto la produzione di redditi d’impresa, ricostruendo l’imponibile proprio in base a tali movimentazioni.

Il contribuente si era difeso sostenendo che, in assenza di un’attività economica organizzata, potevano essere contestati solo redditi diversi e non redditi d’impresa. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto questa tesi, affermando che l’abitualità e la continuità delle vendite online sono requisiti sufficienti per configurare un’attività d’impresa, indipendentemente dall’esistenza di una struttura organizzativa e persino dall’importo totale delle vendite.

Il fondamento giuridico della decisione. La Cassazione ha basato la sua decisione sul principio che “l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2195 del Codice civile, se abituale, determina sempre la sussistenza di un’impresa commerciale, indipendentemente dall’assetto organizzativo scelto”. Il punto cruciale della sentenza è la divergenza tra la normativa civilistica e quella fiscale nell’identificazione dell’imprenditore. Mentre l’articolo 2082 del Codice civile considera imprenditore chi svolge un’attività economica organizzata in modo professionale, l’articolo 55 del TUIR non richiede il requisito dell’organizzazione, ma solo la “professione abituale” delle attività commerciali, anche se non svolte in modo esclusivo. Di conseguenza, dal punto di vista tributario, è considerato imprenditore anche chi effettua abitualmente vendite su marketplace, pur svolgendo un’altra attività lavorativa principale e senza una vera e propria organizzazione d’impresa.

Le conseguenze: il problema dell’autofattura. Una volta qualificata l’attività come d’impresa, si pone un problema relativo agli acquisti. Nel caso in questione, le movimentazioni bancarie in uscita sono state considerate acquisti di merce destinata alla rivendita, ma irregolari perché non supportati da fattura. In queste situazioni si applica l’articolo 6, comma 8, del Decreto Legislativo 471/1997, che prevede l’obbligo di emettere un’autofattura quando il cessionario non rilascia la fattura per l’acquisto. La Cassazione ha precisato che la mancata autofatturazione comporta una sanzione amministrativa pari al 100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro, ma non l’obbligo di pagare l’IVA. 

La sentenza della Cassazione rappresenta un importante precedente per tutti coloro che vendono abitualmente online. D’ora in poi, l’Agenzia delle Entrate potrebbe intensificare i controlli su questo tipo di attività, con il rischio di pesanti sanzioni per chi non si mette in regola, inoltre, altre “piattaforme” di vendita online saranno attenzionate dall’agenzia delle entrate (sempre che già non lo siano).

Alberto Speciale

 

 
 
Alberto Speciale
Classe 1964. Ariete. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa e studiosa, amante della trasparenza con un interesse appassionato, inesauribile, sfacciato, per i fatti degli uomini. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. "Sono responsabile di quel che scrivo non di quel che viene capito"

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