Cassazione: Enti locali e derivati finanziari “tossici”, la partita per l’annullamento è ancora aperta

 
 

I contratti derivati finanziari accesi, nel passato, dal Comune di Verona con le banche hanno “bruciato” 37.312.067.00 euro. Finora.

Sono da considerarsi a rischio i contratti stipulati le operazioni sui derivati stipulati della banche con i Comuni, con possibile rilevante risarcimento dei danni, pari alle differenze negative poste sino a oggi a carico degli enti. Infatti, secondo la Corte d’appello di Bologna, il contratto derivato (interest rate swap) stipulato dalle banche con i Comuni “è nullo e inefficace in quanto non è stato reso noto, sin dall’origine, il loro valore attuale, lasciando in capo all’ente locale un alea non ammissibile”.

La questione è così finita davanti alla Corte di Cassazione che (Sentenza n. 493/2019) ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite per due ragioni. La prima per evitare che, in considerazione dell’oscillazione della giurisprudenza in materia, una eventuale pronuncia in senso confermativo o negativo potesse indicare un indirizzo per tute le altre cause pendenti, in considerazione dell’assoluto rilievo per gli interessi degli enti locali e degli intermediari bancari e finanziari. La seconda è quella di verificare se questa operazione finanziaria generi o meno un indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento ovvero se la competenza della decisione debba essere rimessa al consiglio comunale quale spesa a carattere pluriennale (ex art. 42, c.2, del TUEL) e non atto di gestione dell’indebitamento dell’ente locale con finalità di riduzione degli oneri finanziari ad esso inerenti, legittimamente adottabile dalla giunta comunale in virtù della sua competenza gestoria (ex art. 48, c.2, del TUEL).

La questione di fondo è (abbastanza) chiara: comuni, province e regioni, o perché bisognosi di racimolare fondi a fronte dei tagli ai bilanci sempre più consistenti, o per difendersi dai rischi di aumento dei tassi di interesse sui soldi presi in prestito – tramite mutui o emissioni di titoli obbligazionari – hanno deciso, in quest’epoca di finanza creativa e su suggerimento dei grandi istituti di credito (soprattutto Unicredit fino al 2007, ma anche Merrill Lynch, Deutsche Bank, UBS e altre ancora), di ricorrere a strumenti finanziari complessi.

L’esposizione degli enti pubblici italiani sui titoli derivati è in calo da tempo. Ma le perdite potenziali superano di gran lunga i possibili guadagni con un saldo negativo a nove zeri. È il quadro dipinto dall’ultima indagine della Banca d’Italia disponibile (28.02.2018) relativa ai dati rilevati a dicembre 2017.

Alla fine del 2017, il valore nozionale dei derivati in pancia a comuni, province e regioni ammontava a 7,4 miliardi di euro, circa 600 milioni in meno rispetto al 2016. Gli enti locali, in altre parole, si stanno progressivamente liberando degli strumenti finanziari più complessi utilizzati in passato per abbellire (legalmente) i propri bilanci e ridurre il peso dei debiti.

Il titolo derivato è un contratto tra due parti – in questo caso gli enti pubblici e le banche – che a scadenze prefissate si scambiano flussi di cassa. A determinare questi ultimi è l’andamento di alcuni indicatori prestabiliti, tipicamente tassi di interesse e o tassi di cambio. Tradotto: è una vera e propria scommessa periodica in cui qualcuno vince e qualcun altro perde.

A partire dal dicembre del 2008, la Banca d’Italia ha preso in considerazione il fair value, ovvero il valore di mercato contingente del titolo stesso. In sintesi significa che ad essere calcolato non è il valore nominale del derivato ma il suo prezzo di mercato alle condizioni attuali. Ebbene, secondo la Banca d’Italia, i derivati in mano agli enti pubblici alla fine dello scorso anno evidenziavano un valore negativo di 1.168 milioni di euro.

Semplificando: se regioni, province e comuni chiudessero i loro contratti derivati dovrebbero pagare alle banche quasi 1,2 miliardi. Mentre i contratti con valore positivo ammontano, leggendo, l’ultima rilevazione (anno 2017), a 110 milioni di euro, circa un decimo del totale. In sintesi: sulle operazioni in derivati sottoscritte con le amministrazioni pubbliche le banche ci guadagnano 9 volte su 10. Trattasi di mera fortuna oppure le task force delle banche sanno capire ed applicare la matematica finanziaria meglio che le ragionerie degli enti locali?.

L’impietoso intervento della Corte dei Conti nel maggio 2015, sulla gestione dei derivati da parte degli enti locali, ci consegna una relazione che parla di: “violazioni normative e notevoli squilibri contrattuali in danno agli enti per la mancata valutazione della convenienza economica dei contratti”; “errata contabilizzazione dei flussi derivanti dai contratti di finanza derivata”. 

A questo punto immagino che vi starete chiedendo: “qual’è la situazione dei derivati finanziari del Comune di Verona?”. Presto detto.

In conformità ai principi della contabilità finanziaria, secondo la quale nel Rendiconto vengono iscritti i debiti e i crediti sorti nell’esercizio di riferimento, i flussi finanziari relativi ai differenziali dei singoli swap di tasso sono stati accertati tra le entrate del Titolo III se positivi (entrata), o impegnati nel Titolo I se negativi (spesa). Nello specifico, dopo aver analizzato tutti i Rendiconti del Comune di Verona fino al 31 dicembre 2017, i differenziali, incassati o impegnati relativi ai contratti di swap in essere sono stati così contabilizzati:

  • Titolo III (positivi):   + 14.270.883,00
  • Titolo    I (negativi):   – 51.582.950,00

Insomma le operazione di derivati finanziari accesi dal Comune di Verona (amministrazioni ante Sboarina) con le banche hanno “bruciato” 37.312.067.00 euro. Finora. Si consideri peraltro che nel 2013 si è concluso naturalmente il contratto con Deutsche Bank mentre quello con Unicredit solo a seguito di un accordo transattivo (sarebbe scaduto nel 2026). Ad oggi permangono due contratti con Merril Lynch (swap di ammortamento e swap di interesse) entrambi scadenti nel 2026

Insomma le decisioni del passato presentano ancora il conto. Come la nemesi ci insegna.

Sarà forse la prossima sentenza delle Sezioni Unite a far saltare il banco (della banca)?

Alberto Speciale

 

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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