Cassazione: dovuta imposta pubblicità per cartello visibile dalla gru

 
 

Il Comune di Verona ha vinto il ricorso per Cassazione relativamente all’applicazione dell’imposta sulla pubblicità (anno 2008) afferente la denominazione sociale di un’impresa riportata sul cartello apposto su una gru di sua produzione. Secondo la Consulta, sentenza n. 30046/18, la ragione sociale aziendale costituisce “il mezzo pubblicitario e giustifica la richiesta dell’imposta sulla pubblicità, essendo l’informazione pubblicitaria del marchio percepita, nell’immediatezza, in associazione con il prodotto dell’attività imprenditoriale su cui è apposta e in grado di raggiungere una pluralità di potenziali acquirenti per la sua dimensione e ubicazione.”

Oggetto della controversia tra le parti è la riconducibilità del “cartello”, apposto sulla gru prodotta dalla società ricorrente B.Gru SpA con la scritta della ragione sociale di quest’ultima, alla nozione di impianto pubblicitario, e pertanto, secondo quanto previsto dall’art. 5 del D.Lgs n. 507/1993, assoggettabile al pagamento della imposta sula pubblicità, in ragione delle sue caratteristiche (dimensioni, ubicazione, eccetera).

Conformandosi alla decisione dei giudici di appello, anche la Cassazione ha ravvisato la natura pubblicitaria del cartello, su cui è riportata la denominazione sociale dell’impresa, apposto sulla gru sia per la dimensione sia per il posizionamento ad altezza rilevante, circostanza che lo rende particolarmente visibile al pubblico. Secondo la Suprema Corte l’intento dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 507/1993 è quello di assoggettare all’imposta sulla pubblicità il messaggio pubblicitario attuato “attraverso forme di comunicazione visive o acustiche ogniqualvolta l’uso del segno distintivo dell’impresa o del prodotto (ditta, ragione sociale, marchio) travalichi la mera finalità distintiva – che è quella di consentire al consumatore di riconoscere i prodotti o servizi offerti sul mercato distinguendoli da quelli degli altri operatori del settore – orientando le scelte, per il luogo (pubblico, aperto o esposto al pubblico) ove esso è situato, per le sue caratteristiche strutturali, o per le modalità di utilizzo, in quanto oggettivamente idoneo a far conoscere a un numero indeterminato di possibili acquirenti o utenti il nome, l’attività o il prodotto dell’impresa.”

I giudici pertanto hanno confermato che il presupposto normativo va individuato nella astratta possibilità del messaggio, in rapporto alla ubicazione del mezzo, ad avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perché vengono a trovarsi in un determinato luogo. Hanno conseguentemente ritenuto determinante che per stabilire se il mezzo avesse o meno funzione pubblicitaria occorre verificare sia la sua dimensione sia l’ubicazione, nonché il risultato oggettivo conseguito con il messaggio, indipendentemente dalle intenzioni del soggetto interessato alla pubblicità.

Qual’è la situazione ad oggi per casi analoghi?

Alberto Speciale

 

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

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