Cambiamenti climatici: l’agricoltura non è il problema, ma la soluzione

 
 

Siccità, primavera anticipata, inverno mite, sono solo alcuni degli effetti dei cambiamenti climatici di questi ultimi mesi che stanno sconvolgendo i normali cicli stagionali nelle campagne. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con sfasamenti stagionali ed eventi estremi che hanno causato una perdita in Italia di oltre 14 miliardi di euro nel corso del decennio tra produzione agricola nazionale, strutture e infrastrutture rurali. Ma davvero l’attività agricola è anche una delle principali cause dei cambiamenti climatici?

«C’è un accanimento mediatico contro l’agricoltura che viene colpevolizzata per i cambiamenti climatici trasformandola da vittima a carnefice – ha precisato Alex Vantini, delegato regionale e provinciale di Giovani Impresa di Coldiretti Verona – Dalle accuse agli allevamenti zootecnici come produttori di gas a effetto serra alle demonizzazioni della carne rossa come responsabile di tumori, alle critiche agli agricoltori di inquinare acqua e suolo dobbiamo imparare a difenderci da questi attacchi e dare risposte supportate da dati scientifici. L’agricoltura emette anidride carbonica nell’atmosfera ma allo stesso tempo la assorbe e dà sostanza organica ai terreni. Noi, in realtà, siamo “custodi“ del territorio e della biodiversità mantenendo i bei territori che ci sono nel nostro Paese. Certamente si può fare di più in ogni settore agricolo per una maggiore salvaguardia dell’ambiente».

Un centinaio di giovani agricoltori in rappresentanza dei circa 400 under 35 veronesi di Coldiretti ieri al Payanini Center hanno messo al centro della loro assemblea il tema: «Cambiamenti climatici: l’agricoltura è il problema o la soluzione?» Dopo l’intervento di Alex Vantini, sono intervenuti Francesco Ciancaleoni dell’Area ambiente e territorio della Coldiretti, Giacomo Pirlo, dirigente di ricerca e responsabile del gruppo di lavoro su sostenibilità ambientale delle produzioni del Crea di Lodi e Lorenzo Rizzieri, macellaio e food blogger
e autore del libro «Tutto parte dalla terra».

«E’ la concentrazione di gas a effetto serra nell’aria che provoca un aumento della temperatura e tutta una serie di fenomeni ai quali stiamo assistendo – ha evidenziato Francesco Ciancaleoni – Il principale gas a effetto serra è l’anidrite carbonica, seguita dal metano, da protossido d’azoto e da altri gas industriali, in particolare quelli usati per i frigoriferi o i condizionatori. Per un cambiamento di rotta, l’Unione Europea si è data l’obiettivo del Green New Deal, ossia di raggiungere la neutralità di carbonio e quindi pareggiare il bilancio tra l’anidride carbonica emessa e quella sequestrata entro il 2050. Tutti i settori economici dovranno essere a emissioni zero entro tale data, a eccezione dell’agricoltura e delle foreste, che però dovranno aumentare la loro capacità di assorbimento».

Per quanto riguarda la zootecnia, i dati forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) del Ministero dell’ambiente, preposto a monitorare le emissioni di gas ad effetto serra, evidenziano che all’agricoltura spetta solo il 7,2% delle emissioni – contrariamente a quanto si sente dire che sono oltre il 20% – rispetto all’81% del settore energetico. Circa la metà delle emissioni di gas serra è causata dagli allevamenti, soprattutto quelli di bovini, per cui alla zootecnia spetta il 4-5 % circa di tutte le emissioni del nostro Paese. Va detto peraltro che l’agricoltura italiana, incluso il settore zootecnico, è una delle più sostenibili in Europa per quel che riguarda le emissioni di gas serra e sono il 23% in meno rispetto alla Spagna, il 55% della Germania e 61% della Francia.

«La zootecnia ha la sua parte di responsabilità, ma è anche una parte della soluzione del problema della riduzione della concentrazione di gas serra in atmosfera – ha sottolineato Giacomo Pirlo – La zootecnia prima di tutto fornisce alimenti di elevato valore biologico, insostituibili almeno nelle fasi crescita di un uomo, poi svolge un ruolo nell’assorbimento del carbonio sequestrandolo nei parati-pascoli, è inserita in una economia circolare che produce fertilizzanti, pellame, combustibili ecc.. Pensiamo poi al biogas che permette di sostituire, almeno in parte, i fertilizzanti e produrre energia senza l’impiego di combustibili fossili, che sono la vera causa dell’aumento di anidride carbonica nell’aria».

Pirlo ha evidenziato che si sono esempi virtuosi di allevamenti che hanno ridotto le emissioni di gas serra e che hanno mantenuto o migliorato la loro competitività economica. «Nel 2016 – ha aggiunto – è stato avviato un progetto europeo con l’obiettivo di ridurre l’impronta di carbonio del 15%. 120 allevamenti italiani coinvolti distribuiti tra il Veneto e il Piemonte, sono riusciti in due anni, a diminuire le emissioni dell’11% in media, dopo aver adottato misure riguardanti soprattutto il benessere degli animali. Questo dimostra che si può fare molto migliorando anche il bilancio dell’azienda».

Lorenzo Rizzieri ha raccontato la sua passione per il proprio lavoro di macellaio e di come lo divulga attraverso i social network e il suo libro rivolto ai consumatori «cercando di far conoscere il lavoro degli agricoltori e allevatori che è fatto di persone preparate. Quando sono tornato nel 2010 nella macelleria di famiglia, che si trova in un paesino della provincia di Ferrara eravamo in tre a lavorare ora siamo in 12 grazie alla comunicazione costante e trasparente sull’attività, sul comparto agricolo e sui nostri fornitori. Periodicamente porto i clienti a visitare gli allevamenti non solo di bovini per far vedere il lavoro reale».

 
 

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