Ancora bufera sui cinque agenti accusati di tortura

 
 

Pugni, ceffoni, spray al peperoncino, urina asciugata col proprio corpo, insulti razzisti, inviti a picchiare dove non ci sono telecamere, 5 agenti accusati di tortura, 23 agenti spostati in altre sedi per evitare colpevoli coinvolgimenti: il quadro che emerge dalle indagini promosse meritoriamente per otto mesi dalla stessa Questura di Verona sul comportamento del proprio personale è molto grave e sconcertante.

In uno stato di diritto, i cittadini e chiunque risieda entro i confini di esso, hanno il sacrosanto diritto, da un lato, di essere protetti dalle forze di polizia nella sfera dei loro interessi privati e pubblici; dall’altro, di godere di tutte le garanzie che la civiltà giuridica democratica assicura a chi, di loro, è privato della libertà dalle forze dell’ordine per i reati che commette.

“Una volta ammanettato, anche il peggiore criminale è una persona e come tale da rispettare sempre: cito le parole, che sottoscriviamo, del nuovo Questore di Verona Roberto Massucci – osserva Alberto Battaggia, Coordinatore della lista DTS – In questo senso, discutere della nozione del reato di tortura, come qualcuno ha fatto, per distogliere l’attenzione dalla gravità dei fatti, è fuorviante e strumentale.

In attesa degli esiti processuali della vicenda, che chiariranno i profili specifici di responsabilità, rinnoviamo la fiducia nei dirigenti e negli agenti della Questura di Verona, impegnati quotidianamente in un duro lavoro di controllo e prevenzione dei reati nel territorio, proprio per la determinazione dimostrata nel volere reprimere senza sconti ogni colpevole deviazione dai principi costituzionali e deontologici della loro professione. Va anche riconosciuto che questo impresso dalla Questura di Verona sembra indicare un paradigma esemplare, anche a livello nazionale, di correttezza e affermazione rigorosa della legalità.

Auspichiamo anche che si introducano nel nostro Paese i codici identificativi alfanumerici sui caschi degli agenti impegnati in azioni di tutela dell’ordine pubblico, come raccomandato dal Parlamento Europeo fin dal 2012. Su 27 Paesi membri, solo 5 non li utilizzano: Austria, Cipro, Lussemburgo, Olanda e Italia”.

 
 

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