“5×1000, ma per davvero”, la Legge di bilancio 2026 ‘promette’ l’aumento a 610 milioni

 
 

La bozza della Legge di bilancio per il 2026 prevede che dall’anno prossimo salga il tetto del 5×1000, la quota dell’Irpef che su indicazione dei contribuenti lo Stato destina agli Enti del Terzo Settore. Il tetto, che attualmente è fissato in 525 milioni di euro, sale a “610 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026”. Parte ora l’esame del Senato


(ne ho scritto anche in questo articolo)

Il governo ha trovato, forse, l’intesa sul disegno di legge di bilancio previsionale dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale che, dopo aver ottenuto l’approvazione dal Consiglio dei ministri il 17 ottobre, è stato bollinato dalla Ragioneria di Stato e firmato ieri dal Capo dello Stato. Parte ora l’esame del Senato. Dalla prima bozza, circolata in attesa dell’arrivo del testo in Parlamento, la Manovra era composta da 137 articoli, successivamente il testo della manovra, post bollinatura, è salito a 154.

Ogni anno decine di milioni di euro dei contribuenti finiscono nelle casse dello Stato nonostante i cittadini vogliano devolverli a Enti del Terzo settore. È il tetto al 5xmille, una soglia massima, resa strutturale nel 2015, che circoscrive le risorse distribuibili a 525 milioni. Gli esuberi, insieme alla quota di chi non ha indicato preferenze nella sua dichiarazione dei redditi, finiscono nelle casse erariali, a discapito delle organizzazioni non profit indicate come beneficiarie dal cittadino.

Dalla prima bozza della legge di bilancio, che approderà nei prossimi giorni in Parlamento, appare che dal 2026 il tetto verrà alzato a 610 milioni. Un primo passo, in caso di approvazione, in direzione delle richieste delle associazioni, 360mila enti, che da anni fanno appelli al governo per ottenere la cancellazione del tetto (o almeno un adeguamento alla crescita delle scelte espresse).

Record di partecipazione, ma fondi tagliati. Il 5×1000 non è mai stato così popolare, eppure non è mai stato così tradito. I numeri dell’edizione 2024 (su redditi 2023) raccontano una storia paradossale: da un lato il record assoluto di partecipazione con 17,9 milioni di contribuenti, con un incremento di oltre 714mila firme rispetto all’anno precedente, che hanno destinato 603,9 milioni di euro agli enti beneficiari; dall’altro, la beffa di un tetto governativo che taglia 79 milioni di euro dalla volontà dei cittadini e li incamera nelle casse erariali.

Tuttavia, il tetto imposto dal Governo nel 2022 e fissato a 525 milioni di euro trasforma quello che dovrebbe essere un “5 per mille” in un misero “4,3 per mille“. L’”extra tetto” – la quota che eccede il limite governativo – raggiunge così i 79 milioni di euro, un record negativo che supera di gran lunga il precedente primato di 27,9 milioni registrato nell’edizione 2023.

Mezzo miliardo bruciato in vent’anni. I dati forniti da VITA, attraverso le parole del ministro Luca Ciriani, rivelano una situazione drammatica: sommando tutti gli “extra tetto” dal 2006 ad oggi si arriva a oltre 560 milioni di euro. È come se un’intera edizione del 5 per mille fosse stata cancellata, all’insaputa della maggior parte dei contribuenti italiani che continuano a credere che le loro scelte vengano rispettate.

     L’effetto dei fondi perduti impatta direttamente sulle associazioni e sui cittadini: come denunciato più volte dalle stesse associazioni del Terzo Settore, i soldi sottratti hanno reso più difficile (e a volte addirittura impossibile) l’avvio di progetti di pubblica utilità. Per questo Vita e 67 organizzazioni del Terzo Settore italiano nelle scorse settimane hanno lanciato la campagna “5×1000, ma per davvero” e un appello affinché il Governo e il Parlamento si adoperino per togliere il tetto. Come spiegato dai promotori dell’appello, la soglia massima imposta ex lege è di fatto una stortura rispetto alla «logica della sussidiarietà fiscale e dello spirito istitutivo del 5xmille». Non solo: «La mancata erogazione di questi fondi ha un impatto concreto su progetti di ricerca, assistenza e inclusione sociale, perché si tratta di risorse che non possono essere compensate in altro modo».

All’appello per l’eliminazione del tetto di 525 milioni di euro, per il pieno rispetto della volontà dei contribuenti,  si è unito anche il Centro di Servizio per il Volontariato di Verona aderendo alla campagna “5×1000, ma per davvero”.
Nella lettera – spedita il 4 ottobre al Presidente della Camera dei Deputati, On. Lorenzo Fontana, al Presidente del Senato della Repubblica, On. Ignazio La Russa, ai parlamentari della provincia di Verona eletti presso la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica, Sen. Aurora Floridia, Dep. Lorenzo   Fontana, Sen. Matteo Gelmetti, Dep. Ciro Maschio, Dep Gianmarco Mazzi, Dep. Maddalena Morgante, Sen. Paolo Tosato – il CSV di Verona ha chiesto formalmente al Parlamento di: eliminare il tetto di 525 milioni di euro sulla distribuzione del 5×1000; garantire che ogni euro destinato dai cittadini raggiunga effettivamente gli enti beneficiari, ripristinando la fiducia di un meccanismo democratico e consolidato; riconoscere pienamente il valore strategico del Terzo settore nell’architettura del welfare italiano.

Ma non solo, il 20 ottobre, in Senato si è svolta la presentazione della campagna “5 per mille, ma per davvero”, promossa da VITA Società Editoriale insieme a 67 organizzazioni del Terzo Settore, per chiedere il superamento del tetto al 5 per mille (qui articolo completo di Vita).
Sull’importanza di questo strumento e sulla necessità di renderlo pienamente efficace è intervenuta Chiara Tommasini presidente di CSVnet, sottolineando come il 5 per mille rappresenti molto più di una misura economica: «Da quando è stato istituito, il 5 per mille è apparso subito come 𝐮𝐧’𝐨𝐩𝐞𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐚𝐥𝐞 prima ancora che una misura fiscale. È un gesto civico che tiene insieme fiducia e responsabilità. Come 𝐂𝐞𝐧𝐭𝐫𝐢 𝐝𝐢 S𝐞𝐫𝐯𝐢𝐳𝐢𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 V𝐨𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐬𝐨𝐬𝐭𝐞𝐧𝐮𝐭𝐨, in tutti i territori, 𝐮𝐧𝐚 𝐟𝐨𝐫𝐭𝐞 𝐬𝐩𝐢𝐧𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐜𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 delle organizzazioni e dei volontari».
Tommasini ha ricordato che il 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐯𝐨𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚 𝐞 𝐩𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐚 𝐝𝐢𝐦𝐞𝐧𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 trova nel 5 per mille 𝐥’𝐮𝐧𝐢𝐜𝐨 𝐟𝐢𝐧𝐚𝐧𝐳𝐢𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐛𝐢𝐥𝐞 che consente di portare avanti le proprie attività, specialmente nei contesti più fragili e nelle aree interne del Paese.
Per questo, ha aggiunto: «Difendere e rendere pienamente efficace il 5 per mille significa r𝐢𝐜𝐨𝐧𝐨𝐬𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐥 𝐯𝐨𝐥𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐫𝐢𝐬𝐨𝐫𝐬𝐚 𝐚𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨𝐫𝐢𝐚, ma una infrastruttura civile e democratica del nostro Paese».

L’aumento (proposto) del “tetto” del 5×1000 da un lato valorizza le scelte dei contribuenti e dall’altro sostiene l’associazionismo, il volontariato e tutte quelle realtà che svolgono servizi importanti di solidarietà sociale. Ora non resta che vedere se la promessa questa volta diventi legge.

Alberto Speciale

 
 
Alberto Speciale
Classe 1964. Ariete. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa e studiosa, amante della trasparenza con un interesse appassionato, inesauribile, sfacciato, per i fatti degli uomini. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. "Sono responsabile di quel che scrivo non di quel che viene capito"

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