Verso il Referendum: “voto no perché..”

 
 

LETTERE ALLA REDAZIONE 

Domenica non andrò a votare perché ritengo questo referendum demagogico, inutile e dispendioso.L’astensionismo è provocato anche dall’uso sbagliato e speculativo del ricorso alle urne, che spesso viene richiesto non per il bene del paese, ma per gli interessi politico-elettorali di qualche partito. 

E’ vero che votare è un diritto-dovere; ma quando il voto serve ai vertici politici per contarsi o per aumentarne il potere fine a se stesso, il voto si trasforma in uno strumento di manipolazione del corpo elettorale e come tale va contrastato.

Non intendo assolutamente rifiutare l’istituto delle elezioni, ma il loro uso quando è sbagliato ed abusivo.

E, purtroppo, non mi riferisco solo a questo caso specifico.

Per quanto riguarda l’argomento del referendum del 22 ottobre: a parer mio, il mito che l’autonomia regionale possa bloccare gli sprechi, la corruzione ed il malaffare è falso. 

Voglio ricordare il recente scandalo del MOSE, o i bilanci in rosso, o le spese inutili, o i tanti casi di corruzione che hanno ridotto le Regioni a tante piccole ma voraci ‘Roma’. 

Ma il mio timore più grande è che la gestione dei beni culturali, storici, architettonici e archeologici possano passare dal controllo statale a quello regionale. 

Nel Veneto abbiamo chiari esempi di come funziona male la gestione del territorio affidata alla Regione. Il quasi disastro del passaggio alle competenze della Regione dei parchi naturali ne è un chiaro esempio. 

Tutto questo non perché i veneti siano meno ‘bravi’ dei romani, ma per il semplice motivo che quanto più i controllori sono vicini ai controllati, tanto più il controllo risulta deficitario e i casi di corruzione e di malaffare aumentano. Motivi elettorali, clientelari, se non peggio, spesso favoriscono una conduzione amministrativa non obiettiva e giusta. 

Fosse per me, determinati settori come quelli relativi alla gestione del territorio, alla tutela dell’acqua, dell’aria e del nostro patrimonio naturale, storico e culturale, li affiderei a dei commissari che non abbiano l’esigenza e la possibilità di essere rieletti. 

Forse sarà un caso, ma Roma ha vissuto i suoi momenti migliori, o meno peggio, quando ad amministrarla era arrivato un commissario.

Giorgio Massignan (VeronaPolis)

 
 

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