Trapianti di rene, un enzima per bloccare i danni da ischemia

 
 

Uno studio dell’università scaligera, premiato dalla Società italiana trapianti d’organo, ha identificato il ruolo dell’enzima eparanasi nelle complicanze post operatorie.

È veronese la miglior ricerca scientifica dell’anno sul tema dei trapianti. In occasione del 41° congresso nazionale della Società italiana trapianti d’organo (SITO), che si è tenuto a Cagliari dal 9 all’11 novembre, è stato assegnato a Gianluigi Zaza, della sezione di Nefrologia del dipartimento di Medicina dell’ateneo scaligero, il prestigioso premio Thomas Starzl per la miglior ricerca scientifica in tema trapiantologico del 2017. Lo studio riguarda le complicanze che possono insorgere dopo un trapianto di rene, come le ischemie, trovando nell’inibizione di un particolare enzima una possibile soluzione.

Il lavoro premiato, che è in corso di pubblicazione sulla rivista internazionale The Faseb journal, ha riguardato una ricerca condotta nel laboratorio di Ricerca nefrologica traslazionale all’interno del laboratorio universitario di Ricerca medica sul ruolo dell’enzima eparanasi nel determinare il possibile danno che si può sviluppare nel rene subito dopo il trapianto, quando il sangue ricomincia a circolare nell’organo. Si tratta del cosiddetto danno da ischemia o riperfusione.

“L’eparanasi è un enzima presente in tutte le cellule e la sua “attivazione” nelle cellule del rene in particolari situazioni, quali appunto la riperfusione dell’organo subito dopo il trapianto, può determinare un danno acuto, e successivamente cronico, che riduce la sopravvivenza del rene trapiantato”, spiega Gianluigi Zaza. “Questa ricerca, effettuata al momento su modelli animali, ha  chiaramente dimostrato il ruolo chiave di questo enzima nella possibile ritardata ripresa funzionale del rene trapiantato e i meccanismi biologici attraverso i quali il danno si sviluppa. Contemporaneamente è stato dimostrato come la sua inibizione sia in grado di ridurre o annullare i danni del rene in queste situazioni”.

Questo studio e i suoi risultati aprono la strada a nuove possibilità terapeutiche nel campo dei trapianti. “È ipotizzabile, infatti, che l’inibizione con farmaci di questo enzima possa rappresentare una valida arma terapeutica e preventiva per minimizzare lo sviluppo del danno nel rene trapiantato legato alla riperfusione dell’organo dopo l’ischemia”, conclude Zaza, “e favorire una maggior sopravvivenza a lungo termine del rene trapiantato nei pazienti che sfortunatamente siano andati incontro, nella fase immediatamente successiva al trapianto, a ritardata ripresa funzionale o a insufficienza renale acuta”.

 
 

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