Il 19 giugno si inaugura al museo del Prado di Madrid la mostra “Lorenzo Lotto ritrattista”, curata da Enrico Dal Pozzolo, docente di Storia dell’arte moderna nell’ateneo veronese, e da Miguel Falomir direttore del Prado. L’esposizione si trasferirà dal 5 novembre alla National Gallery di Londra, dove rimarrà fino al 10 febbraio 2019.
Lotto è stato uno degli artisti più originali del Rinascimento veneziano, non del tutto compreso all’epoca, poi riscoperto e riconosciuto, mirabilmente capace di raffigurare uomini, donne e bambini in composizioni ricche di simbolismo e intrise di grande profondità psicologica, e questo sarà proprio il focus della mostra, la ritrattistica.
Spiega il professor Dal Pozzolo:“La mostra si propone di raccontare al grande pubblico internazionale in cosa consiste la grandezza e la diversità di Lorenzo Lotto ritrattista. E lo fa portando in mostra il meglio della sua produzione. La selezione è stata molto rigorosa, evitando opere di qualità minore, in stato di conservazione mediocre e con eventuali interessi commerciali sottesi. La particolarità dell’esibizione sta nell’autentico lavoro di ricerca, che si è concentrato soprattutto sulla dimensione sociale e materiale espressa dai ritratti. Da un lato c’è stata una verifica documentaria sulla committenza, dall’altro sui contesti e gli oggetti rappresentati. Quindi, se in un ritratto un gentiluomo tiene in mano un libro o una balestra accanto al quadro troveremo in mostra un libro o una balestra analoghi e dell’epoca”.
Lotto nacque a Venezia intorno al 1480, si trasferì giovanissimo a Treviso – pur con continui spostamenti nella città lagunare – ed entrò in rapporto con la cerchia umanistica del vescovo Bernardo De Rossi da Parma, ottenendo remunerative commissioni.
Nell’ottobre del 1506 si spostò nelle Marche, nel 1508 a Roma, a dipingere le stanze del nuovo appartamento di Giulio II in Vaticano. Il periodo dal 1509 al 1516 è poco documentato (il 18 ottobre 1511 è certamente a Jesi dove firma l’accordo con la Confraternita del Buon Gesù per un dipinto), nel decennio successivo soggiornò con felici esiti a Bergamo.Alla fine del ’25 ritornò a Venezia, dove però l’astro nascente di Tiziano gli tolse attenzione; ritrovò lavoro a Bergamo e nelle Marche. Nel 1538, ad Ancona, il pittore iniziò a scrivere il “Libro delle spese diverse”, conservato a Loreto, sul quale fece cronaca di commissioni, quadri fatti e venduti, soldi ricevuti e da ricevere. Un breve rimpatrio a Venezia, nel 1540, deluse speranze di ricerca stabilità affettiva e riconoscimenti; rientrò nelle Marche, operò, ma nel ’52, nell’indigenza, si ritirò a Loreto, dove maturò la volontà di farsi oblato, al servizio quasi esclusivo della Santa Casa. Negli ultimi anni dipinse per il coro del santuario di Loreto; incerta la data di morte, tra settembre del ’56 e luglio del ’57.
“Lotto – conclude Dal Pozzolo – seppe senza dubbio elaborare una visione molto originale, alla quale ha voluto rimanere coerente per tutta la vita. Pagandolo a caro prezzo. È vero che Lotto fu un pittore provinciale, non per mentalità o doti, ma perché si mosse più a suo agio in provincia. Forse, non avendo un carattere molto competitivo, le metropoli in cui si trovò a operare come Venezia e Roma, furono per lui estenuanti in tal senso. In provincia trovò quegli spazi che gli consentirono di esprimere la sua vena peculiare in piena libertà: ne sortirono alcune delle invenzioni più innovative dell’intero Cinquecento europeo”.