Incompatibilità, ineleggibilità, incandidabilità di un parlamentare alla carica di Sindaco. Cerchiamo di fare chiarezza.

 
 

Può un parlamentare essere eletto Sindaco? Certamente sì.

Può un parlamentare eletto Sindaco esercitare entrambe le funzioni? Certamente no.

Quindi? Con questo articolo cercheremo di fare chiarezza in tal senso.

La disciplina delle elezioni negli enti locali prevede tre diverse cause limitative del diritto e/o dell’esercizio del diritto di elettorato passivo: la incandidabilità di cui all’art. 58 del D.Lgs n. 267/2000, la ineleggibilità di cui al successivo art. 60 e la incompatibilità di cui all’art. 63.

La incandidabilità esclude in radice la possibilità di adire una carica elettiva o di mantenerla, esclude, cioè, il diritto di elettorato passivo e non soltanto l’esercizio dello stesso.

L’incompatibilità investe la posizione dell’eletto e, impedendo il contemporaneo esercizio di due funzioni, non incide minimamente sull’elezione, ma vieta di ricoprire la carica (cfr. l’art. 63, I comma), ferma restando la sanzione della decadenza dalla carica in caso di omessa rimozione della causa di incompatibilità (cfr. l’art. 68, II comma).

La ineleggibilità esclude, invece, l’esercizio del diritto di elettorato passivo e, comporta la decadenza del candidato all’esito della procedura di contestazione di cui all’art. 69 del TUEL (anche in caso di ineleggibilità antecedente alle operazioni elettorali).

Con sentenza 5 giugno 2013, n. 120 la Corte Costituzionale interviene in tema di incompatibilità tra cariche pubbliche, sanando una evidente irragionevolezza sul tema. In particolare con la sentenza “de quo” è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 63 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità tra la carica parlamentare e quella del sindaco di un Comune (Afragola) con popolazione superiore a ventimila abitanti.

In effetti, il tema della incompatibilità tra la carica di Sindaco e parlamentare era stato già affrontato dalla Corte Costituzionale nel 2011 con la sentenza n. 277, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli citati della legge 15 febbraio 1953, n. 60 nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di Comune con popolazione superiore ai ventimila abitanti.

Tutto ciò a causa del potenziale conflitto di interessi che può costituirsi in capo alla stessa persona chiamata a dare vita alle leggi nazionali e ad amministrare chi dalle stesse leggi è regolamentato.

Oltre alla Consulta è intervenuto sulla materia anche il parlamento il quale con Decreto Legge del 13/08/2011 n. 138 ha stabilito nell’articolo 13 che:

“La carica di parlamentare è incompatibile con qualsiasi altra carica pubblica elettiva. Tale incompatibilità si applica a decorrere dalla prima legislatura successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.”
(elezioni XVII legislatura del 15/03/2013).

Ma come funziona il processo che porta un parlamentare a terminare in anticipo il proprio incarico?

La nostra Costituzione non riconosce un vincolo di mandato (art. 67) nei confronti degli eletti, dando loro la libertà di fare quanto credono durante il periodo in carica. Questo chiaramente include anche la possibilità di dimettersi prima della fine del proprio incarico, facendo quindi subentrare il primo dei non eletti.

Un parlamentare si può dimettere, dandone “tempestivamente” notizia al Presidente della propria aula (Camera o Senato):

1) per incompatibilità di incarichi (in caso volesse assumere una carica o un impiego incompatibile con la sua carica, come ad esempio quella di Sindaco);

2) per motivi personali.

Nel primo caso il Presidente dell’aula, dopo aver proceduto a calendarizzare la notizia nei lavori dell’aula, lo comunica all’Assemblea, che ne prende atto senza procedere a votazioni.

Nel secondo caso invece si mette in atto un processo differente: il parlamentare in questione deve spiegare le proprie motivazioni all’aula, la quale poi voterà sulle dimissioni. Il voto su una persona, da regolamento, sia della Camera che del Senato, deve essere fatto a scrutinio segreto. È prassi che la prima votazione abbia esito negativo.

Il processo dimissionario è quindi, a seconda dei casi, abbastanza o molto lungo, sia per calendarizzare la votazione, che per poi mettere in piedi la macchina che porta, eventualmente, alla nomina del primo dei non eletti (che potrebbe comunque a sua volta decidere di dimettersi dall’incarico).

Sorvolando sulle difficoltà fisiche e materiali del portare avanti una campagna elettorale e allo stesso tempo partecipare alle attività del parlamento, il punto è un altro. Nel rispetto dei propri elettori, non sarebbe più corretto portare a termine gli incarichi per cui si è eletti?

La politica, a differenza di tante altre professioni, si basa su un rapporto di rappresentanza. Cercare di essere eletti altrove, con la possibilità di cessare anticipatamente il proprio mandato, vuol dire, in qualche modo tradire la fiducia degli elettori.

Ma c’è forse anche un’altra questione, ed è l’attrattività politica del nostro parlamento. Ormai svuotato dalle suo funzioni legislative, in molti preferiscono tornare alla politica locale, piuttosto che rimanere fra i banchi di Camera e Senato.

Per mera completezza, ricordiamo che sebbene il TUEL non contenga un’espressa previsione in ordine al momento in cui entra in carica il Sindaco, non è contestabile che quest’ultimo si insedi immediatamente per effetto della proclamazione dell’avvenuta elezione consacrata nell’apposito verbale dell’Ufficio elettorale centrale.

Lo stesso (Sindaco) è quindi abilitato fin dal momento della proclamazione a compiere gli atti di sua competenza, né il TUEL contiene alcuna limitazione oggettiva della relativa attività giuridico-amministrativa: ne consegue, pertanto la piena legittimità degli atti di nomina del vicesindaco e degli assessori posti in essere dal Sindaco.

Analizzando la tornata elettorale in corso Verona è assiomatico ritenere che si andrà al ballottaggio e l’esito sarà noto il giorno 26 giugno.

Nell’ipotesi, in astratto e per soli fini redazionali, vincesse la Senatrice Bisinella Patrizia la data di insediamento con esercizio di funzioni del nuovo Sindaco-parlamentare potrebbe avvenire in due diverse date, ovvero:

1) il giorno di redazione del verbale di convalida dell’Ufficio Elettorale centrale della Corte d’Appello (il 26,27 giugno);

2) il giorno della ratifica degli eletti effettuata nella prima seduta del Consiglio Comunale, ossia al più tardi il 20 luglio.

Per quanto suindicato la “tempestiva” comunicazione di “incompatibilità” potrebbe essere data al Senato ragionevolmente dal 26,27 giugno oppure dal 20 luglio (fatto salvo maggior termine). 

L’aula dovrà calendarizzare le dimissioni tenendo peraltro conto della pausa estiva dei lavori parlamentari (nel 2016 chiusero il 9 agosto e riaprirono il 13 settembre).

Il 15 settembre 2017 scadranno i 4 anni, 6 mesi ed 1 giorno per la maturazione dei contributi previdenziali parlamentari a valere ai fini della maturazione della pensione parlamentare al compimento dei 65 anni previsti dalla legge (oppure 60). Circa 970,00 euro mensili per chi è al primo mandato.

Ricordiamo, sempre per correttezza espositiva che dopo la riforma del 2012
non esistono più, per chi diventa parlamentare da quella data in poi, i “vitalizi” ma le “pensioni da parlamentare”.

In sintesi riteniamo che non è realistico affermare che le dimissioni del “Sindaco – parlamentare” possano essere accettate prima del 14 settembre 2017 e che con esse si sommi la perdita della pensione da parlamentare.

Quanto sopra per chiarezza ed al fine di una corretta comunicazione agli
elettori.

Alberto Speciale

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Sentenza Consulta n. 277/2011:
http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=277#

Sentenza Consulta n. 120/2013:
http://www.cortecostituzionale.it/stampaPronunciaServlet?anno=2013&numero=120&tipoView=P

D.L. n.138/2011:
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legge:2011-08-13;138

 
 
Classe 1964. Ariete. Marito e padre. Lavoro come responsabile amministrativo e finanziario in una società privata di Verona. Sono persona curiosa ed amante della trasparenza. Caparbio e tenace. Lettore. Pensatore. Sognatore. Da poco anche narratore di fatti e costumi che accadono o che potrebbero accadere nella nostra città. Ex triatleta in attesa di un radioso ritorno allo sport.

2 COMMENTI

    • Buonasera signor Mario Alfonso Citrano,
      in Italia il mandato parlamentare è incompatibile con una serie di incarichi: oltre a non poter svolgere l’incarico di Presidente della Repubblica (art. 84 della Costituzione), Deputati e Senatori non possono essere né membri del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104), né della Corte costituzionale. Inoltre, l’articolo 122 stabilisce l’impossibilità per i membri del Parlamento di essere allo stesso tempo deputati al Parlamento Europeo e membri di Giunte o Consigli Regionali. Recentemente la Legge 56/2014 ha fatto chiarezza sul tema dei Sindaci: come specificato dal manuale elettorale della Camera dei deputati pubblicato a gennaio del 2018, la soglia dei comuni interessati, originariamente fissata a 5.000 abitanti, è stata innalzata. Quindi le cariche di Deputato e Senatore sono incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti. Sono invece ineleggibili i Sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti.
      Pertanto il signor Maschio Ciro può essere contemporaneamente e legittimamente parlamentare e Consigliere Comunale in quanto i due incarichi sono compatibili.
      Alberti Speciale

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