Il fallimento della devolution

 
 

Per anni ci è stata propinata la demagogia del federalismo e del regionalismo all’italiana e poi scopriamo che in Italia, nel 2016, oltre la metà della rete ferroviaria è sottratta ai vincoli e alle garanzie dell’Agenzia per la sicurezza. Perché in nome di un federalismo e di un regionalismo inconcludente, non è stata realizzata la privatizzazione e  la liberalizzazione della rete ferroviaria. Si è solo attuato lo spacchettamento della rete tra due gestioni: una parte della rete, 16.726 km., è rimasta proprietà della Rfi ( Rete Ferroviaria Italiana, statale ), modernizzata e in cui la sicurezza è affidata a standard internazionali e a soluzioni tecnologiche; l’altra è stata regionalizzata, affidata a società in concessione. Sulla sua rete RFI ha fatto investimenti tecnologici, sull’altra metà della rete, quella regionalizzata e data in concessione, si viaggia senza tecnologia e con soluzioni ancorate a metodologie antiquate e poco sicure, frutto appunto della demagogia federalista italiana. Ora qualche ambientalista se la prenderà con l’alta velocità, dicendo che si trascurano le reti locali perché le risorse sono tutte convogliate sulla realizzazione della TAV, che non avrebbe mai dovuto partire. Forse non hanno capito che così tutta la rete ferroviaria italiana sarebbe restata nel medioevo; invece nei sistemi di garanzia, sicurezza e controllo tecnologico moderni, tipici dell’alta velocità, doveva entrare tutta la rete ferroviaria italiana. Si è voluto procedere ad  affidare la parte di interesse locale a regioni che hanno poche risorse, visto che il 70-80% del loro bilancio è assorbito da Sanità e Sociale, che poi la affidano in concessione a società a scarsa capitalizzazione, utili a volte per sistemare amici e parenti, e che gestiscono ancora la sicurezza con il sistema dei fonogrammi … Scopriamo dai media che questa parte della rete ferroviaria italiana è stata data in concessione a società senza la condizione dell’avvenuto adeguamento agli standard di sicurezza che valgono per l’altra metà della Rete, quella di proprietà dello Stato. Questi sono i frutti di riforme poco chiare, della devolution inserita nel Titolo quinto della Costituzione dal Governo D’Alema, all’inseguimento della Lega, che ha così evitato la privatizzazione e la liberalizzazione, richieste dalla UE e dai tempi. In pochi hanno capito che questa aberrazione potrebbe essere superata se passa il “Sì” al referendum di ottobre. Dico la verità, per me questo è il principale motivo per cui voterò convintamente “Sì”.

Franco Avesani

 
 

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