Due scoperte riscrivono la storia dell’eruzione a Pompei e del soggiorno di Dante a Verona

 
 

La commissione presieduta da Luca Serianni ha recentemente modificato la prima prova scritta dell’esame di maturità, eliminando la traccia storica; ciò ha provocato nel Coordinamento della Giunta centrale per gli studi storici e delle Società degli storici (Cusgr, Sis, Sisem, Sisi, Sismed, Sissco) “grande sconcerto”, vedendo in ciò un proseguimento del  “percorso di marginalizzazione della storia nel curriculum scolastico, già iniziato con la diminuzione delle ore d’insegnamento negli istituti professionali”. Il Coordinamento ha protestato ufficialmente con un documento a firme congiunte, alle quali sicuramente si sarebbero addizionate quelle di innumerevoli altri anonimi sostenitori della cultura storica.

La storia ci insegna perché siamo. A leggerla bene, anche come dovremmo essere (migliori o peggiori) e come potremmo essere (migliori o peggiori). E, ben lungi da essere materia conclusa  – in quanto, passata – ci dimostra la sua perenne capacità di sorprendere con due straordinarie scoperte di questi giorni, una delle quali tocca da vicino proprio la città scaligera. Partiamo da Pompei, ove sul muro di una stanza della Casa con giardino è stata rinvenuta un’iscrizione a carboncino, “XVI K Nov in ulsit pro masumis esurit” (Sedici giorni prima delle calende di novembre ha indulto grandemente nell’appetito). Ovvero: “Il 17 ottobre (tizio) ha fatto un bel pranzo abbondante”. Dunque il Vesuvio non aveva ancora eruttato, confutando la data tradizionale, 24 agosto, ricavata da una lettera di Plinio il giovane e, in realtà, già messa in dubbio da parecchi studiosi, non ultimo Alberto Angela che proprio ieri è diventato cittadino onorario di Pompei, grazie alle sue ricerche. Come ha riferito al Corriere del Mezzogiorno (ripreso dal Corsera), “nei miei 25 anni di studi sul campo ho rinvenuto bracieri ancora pieni, piatti con castagne e datteri, otri di vino già sigillati e un cumulo di melograni messi ad essiccare. Cose difficili da trovare ad agosto“. Dunque l’eruzione del 79 d.C. va post-datata di due mesi.

Altra novità giunge dall’Archivio di Stato di Firenze, dove Paolo Pellegrini, docente di filologia e linguistica all’Università di Verona si è imbattuto in una lettera inedita attribuibile con grande probabilità – per stile e contenuti – a Dante Alighieri. Il sommo poeta avrebbe ricevuto incarico da Cangrande di scrivere una missiva diplomatica all’imperatore Enrico VII e il fatto andrebbe a mutare il periodo di soggiorno dantesco a Verona, individuandolo già nel 1312. Tutto è ancora in fase di approfondimento, ma le premesse sono solide.

A distanza di secoli, per quanto riguarda la lettera, e millenni, per l’iscrizione, la storia regala ancora emozioni, potente sul tempo, con buona pace di chi la vuole relegare nello sgabuzzino.

 
 
Sono nata a Verona sotto il segno dei Pesci; le mie radici sono in Friuli. Ho un fiero diploma di maturità classica ed una archeologica laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico, conseguita quando “triennale” poteva riferirsi solo al periodo in cui ci si trascinava fuori corso. Sono giornalista pubblicista dell’ODG Veneto e navigo nel mondo della comunicazione da anni, tra carta, radio, tv, web, uffici stampa. Altro? Leggo, scrivo, cucino, curo l’orto, visito mostre, gioc(av)o a volley. No, non riesco a fare tutto, ma tutto mi piacerebbe fare. Corro contro il tempo, ragazza (di una volta) con la valigia.

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